lunedì 14 settembre 2009

Martin Pescatore




Un commiato all'estate. Oggi mi sono svegliata e fuori dalla finestra si intravedeva una Milano ormai autunnale, un grigiore all'apparenza novembrino che sovrastava i tetti delle case e una delicata pioggia che si adagiava sulle strade della città. Anche stare seduta allo Strehler a vedere due ore di film che narrava in modo sublime, e molto in giapponese!, della sindrome di Hikikomori sembrava dannatamente autunnale. Sta tornando il tempo delle passeggiate nel parco con il trench coat e un caffè di Arnold alla mano, uno dei miei quadretti preferiti. Milano cambia volto, si riveste di giallo.


Tristezza, tu discendi oggi dal Sole.
La tua specie mutevole è la nube
del cielo, e son le spume
del mare gli orli del tuo lino lungo.

Sembri Ermione, sola come lei
che pel silenzio vienti incontro sola
traendo in guisa d'ala il bianco lembo.
Sì le somigli, ch'io mi ingannerei
se non vedessi ciocca di viola
su la tua gota umida ancor del nembo.
Ha tante rose in grembo
che la spina dell'ultima le punge
il mento e glie l'ingemma d'un granato.
Come fauno barbato
accosto accosto mòrdica le rose
il capricorno sordido e bisulco.


Nota di inquadramento (a chi interessa, cioè nessuno credo ^_^!): Siamo subito dopo il Ditirambo IV che ha celebrato l'estrema illusione mitica. La composizione apre l'ultima sezione del libro di Alcyone, quella che canterà l'inesorabile dileguarsi della stagione estiva. Per questa ragione D'Annunzio ripiega su inevitabili toni malinconici, il presentimento dell'autunno è ormai prossimo. La tristezza è nel suo cuore, ma è come se gli sembrasse discendere dal sole, ormai non più così radioso, e sembra inoltre che abbia l'aspetto e l'eleganza di una languida figura femminile. Anzi, il vago sentimento di tristezza che anima il poeta s'incarna senz'altro in una figura femminile in cui egli ,come sempre, riconosce Ermione e il suo incedere incerto, elegante. La stessa Ermione che che se andrà insieme con l'estate, lasciandolo solo. E questa similitudine implicita prende corpo nella poesia in modo sottile, quasi nascosto finchè l'immagine astratta della tristezza non si incarna pienamente nella figura della donna amata, la quale a sua volta, essendo composta solo di quel impalpabile e malinconico sentimento, finisce per trasfigurarsi in pura immagine di mito, languida e sfuggente.

Uno dei tanti giochetti ciclici del nostro "poeta porcellone", uomo certamente dalla dubbia condotta morale, ma con doti poetiche ineccepibili.



Nessun commento:

Posta un commento