giovedì 30 dicembre 2010

(siccome) ABBAIARE STANCA


,allora verrò a lanciarti sassi alla finestra. Così starò buona e in silenzio e omaggerò il libro di una mia nuova "amica" virtuale, che apprezzo molto pur non conoscendo affatto. Sarà che condivide l'opinione che ho di Stavrogin.
Ultimamente passo il tempo a cercare immagini, oltre che di Louis Garrel, anche di lupi. Ho una fissazione per i lupi, tant'è che quasi quasi me lo tatuo al posto della matrioska. Solo che mi dà l'idea di motociclista di Harley Davidson fermo a bere qualcosa di forte in uno sperduto bar di una sperduta cittadina americana di provincia. Che poi, voglio dire, magari anche io ci vado un giorno a bere qualcosa di forte in uno sperduto bar di una sperduta cittadina americana. Magari non con un' Harley Davidson, ma non è questo il punto.
Sono bellissimi i lupi, non trovate anche voi?

If you are so very good looking





"...Allora, ti farò scoprire la poesia. E tu mi farai scoprire la scultura. L'uno farà scoprire all'altra le cose che amiamo davvero. E' bellissimo vero?"

Succo al pompelmo


Bonne chance mon amì.
Quando ci incontreremo sarò senz'altro una persona diversa.
Ma chissà che la speranza di incontrarsi di nuovo, di incontrarsi, tra dieci glaciali inverni non ci porti nel frattempo lontano.
Bonne chance, mon amì.

E la prossima volta che decidi di fare una cosa del genere, prova, prova a cercare delle parole adeguate per dire Addio o Arrivederci.
Vic

domenica 26 dicembre 2010

SU QUEL DOLCE PROFILO DI PERSONA PER BENE CHE SEI


Mi avevi detto:
"Ritorno a casa presto",
ma son le quattro del mattino
e non so quante sigarette,
il telefono non squilla mai
e piccole dose di brandy.

Ma io ti aspetto sai.
Io ti aspetto
Ma io ti aspetto sai.
Io ti aspetto

Si leggon cose terribili
ogni giorno nei giornali,
alla tv non parlan d'altro.
Confesso di soffrire di paure
forse non giustificate.

Ma io ti aspetto sai.

IO TI ASPETTO

L'amore è una cosa così bella,
è una cosa così grande,
una notte d'angoscia non può che
diventare una carezza

su quel dolce profilo di persona per bene che sei.

giovedì 23 dicembre 2010

Last night I dreamt that somebody loved me



Penso che Morrissey sia lagnoso, noioso, maniaco con smanie suicida tipo la Wolf (Virginia). Vuole morire lui, andando addosso a un camion da dieci tonnellate. Nessuno gli dà mai quello che vuole e si lamenta, si lamenta, si lamenta, fino allo sfinimento, fino a che sa che è finita e ormai non fa nessuna differenza. Sì, questa notte gli ha aperto gli occhi e si è chiesto "Quanto presto è adesso?".
No, voglio dire, un tempo non lontano certamente ascoltavo gli Smiths (perdio, ovvio no?!), ora non sopporto neanche loro. La musica floscia. Morrissey è proprio un pò da, va bhè non lo posso dire. Il fatto è che ieri, tramite una mia amica, ho scoperto di non essere allineata con il resto delle tipologie giovanili. Problemi d'astri si capisce. Morrissey e le sue ***zo di canzoni lagnose ormai lo sono invece, sono profondamente convinta che ormai sia allineato perchè capita che qualcuno, in fondo del tutto ignorante in materia musicale, si creda essenzialmente e potenzialmente figo con una sua maglietta addosso e..., ma...Accipicchia che figata abnorme! E' allineato ormai, non c'è che dire. Allineatissimo, pianeti in congiunzione. Per non parlare poi di quelli che si tatuano le sue frasi, allegria portami via.
Comunque io non è che potrei parlare più di tanto, perchè fino a tre settimane fa lo ascoltavo. Adesso sto regredendo a suoni rozzi e rudi (...) e mi fa sinceramente cadere le viscere fino alle caviglie, ma si capisce che orde di morrissey-ani potrebbero rivoltarmisi contro, spararmi in faccia il loro ciuffo e picchiarmi con delicatezza blaterando "You have killed me, you have killed me!"
Niente, questo era quello che pensavo di Morrissey. Con rispetto, si capisce!

mercoledì 22 dicembre 2010

Germi


Ora che ci penso, ieri notte ho avuto un'intensa attività onirica. Cose assurde, questo ne sono sicura, però mi ricordo solo tre particolari: andavo in macchina a Formentera con mia zia ma in realtà non era Formentera, si capisce; lo staff di Virgin Radio faceva una riunione nel mio cesso, proprio lì, e entravano poi nella mia stanza mentre ancora dormivo con un pigiama rosso; mi battevo talmente strenuamente contro l'uccisione di un animale che alla fine mi sono decisa -sempre nel sogno- a diventare vegetariana perchè ormai era impensabile mangiare della carne. Non lo so.
Comunque, qualsiasi altra cosa abbia attraversato inconsciamente il mio cervello la scorsa notte, mi sono svegliata veramente di merda. Detestabile perchè era un periodo in cui mi sentivo straordinariamente e senza motivo euforica e in ottima disposizione d'animo. Invece oggi no. Chissà cos'altro ho sognato. Del resto poi per tutta la giornata non ho avuto voglia di far niente nè tanto meno vedere nessuno. La pioggia si è già sostituita volgarmente alla neve e io ho guardato su La5 l'ultima puntata di Dawson's creek. Gesù mio, ok, hanno deciso di far schiattare Jen, ma dovevano farle pronunciare anche quel terribile discorso strappa-lacrime da lasciare alla figlia di solo un anno?! Era proprio necessario?! Io non mi sono più ripresa. Così, in mezzo a tutto questo grigiore generale che più grigio di così c'è solo il grigio, mi sono messa in giardino accanto al mio cane. Il mio cane sta con noi da quando avevo 3 anni, ora ne ho 21 suonati, fate un pò voi i conti. Ho provato a chiedergli cosa lo faccia stare in vita così tanto, ma non rispondeva. Mi guardava solo con gli occhietti color nocciola teneri e ormai persi in un parallelo universo canino senza ritorno, tremando per il freddo. Ho preso una coperta e ho cercato di asciugarlo e riscaldarlo e poi, nulla, siamo rimasti lì seduti noi due, soli, in silenzio, per un pò e in fondo credo sia stato l'unico momento che abbia dato senso a questa altrimenti inspiegabile giornata.

Cosa penso di Morrissey lo dico la prossima volta.
Vic
the one who still believes that
Love is just around the corner,
but maybe the corner is miles away from here

sabato 18 dicembre 2010

TU NON GUARDARMI CON QUELLA TENEREZZA



Per riassumere, direi:
non sono generalmente interessata agli altri (bhè, s'intende, alcuni altri, non tutti, certo non tutti),
ma odio la solitudine.
Tra i propositi per l'anno nuovo ci metterei: visitare almeno un paese del Nord Europa che non sia l'Inghilterra.
Love, Vic

venerdì 17 dicembre 2010

giovedì 16 dicembre 2010

Siamo tutti usciti dall'enorme cappotto di Gogol


'Rus! 'Rus! Ti vedo, dalla mia meravigliosa, bellissima lontananza vedo te: sei povera, dispersa e inospitale; non hai arditi prodigi di natura coronati da arditi prodigi d'arte, che rallegrino o intimoriscano gli sguardi: città con molti palazzi dalle alte finestre, cresciuti nelle rocce, alberi pittoreschi ed edere cresciute nelle case, fra lo scroscio e il pulviscolo eterno delle cascate; il capo non si piega all'indietro per vedere massi di pietra che sopra di esso si innalzano senza fine sopra il cielo; non scintillano verso bui archi sovrapposti, avvolti da tralci di vite, d'edera e da miriadi di rose selvatiche, non scintillano attraverso di essi in lontananza le linee eterne di monti radiosi, che fuggono in limpidi cieli d'argento. Tutto in te è aperto, deserto e uniforme; come punti, come piccoli segni, modestamente spuntano in mezzo alle pianure le tue non alte città; nulla lusinga e incanta lo sguardo. E dunque quale forza incomprensibile, misteriosa, attira a te? Perchè echeggia e risuona senza tregua all'orecchio il tuo canto malinconico, che vola per tutta la sua lunghezza e ampiezza, da mare a mare? Che c'è in questa canzone? Che cosa chiama, e singhiozza, e stringe il cuore? Quali suoni baciano dolorosamente, e vogliono penetrare nell'anima, e si avviluppano intorno al mio cuore? Rus'! Che vuoi dunque da me? Quale legame incomprensibile si cela fra noi? Perchè mi guardi così, e perchè tutto ciò che è in te mi rivolge occhi pieni di attesa?... E ancora, pieno di perplessità, io resto immobile, e già sul mio capo incombe una nube minacciosa, gravida di piogge future, e il pensiero ammutolisce davanti alla tua vastità. Che cosa profetizza questa vastità sconfinata? Non deve nascere qui, in te, un'idea infinita, quando tu stessa sei senza fine? Non deve forse apparire qui un eroe favoloso, quando c'è spazio in cui possa agire liberamente e muoversi? E minacciosamente mi afferra la vastità possente, riflettendosi con forza tremenda nel mio profondo; i miei occhi sono illuminati da un potere sovrannaturale: oh! quale distesa fulgente, splendida, ignota alla terra! Rus'!

"Ferma, ferma, cretino!" gridava Cicikov a Selifan............

mercoledì 15 dicembre 2010

Nella forma dell' aubade


" In verità mi chiedo cosa facessimo
tu ed io prima di amarci. Fino ad allora non eravamo svezzati
ma, da poppanti, succhiavamo piaceri volgari, infantilmente?
O russavamo nella caverna dei sette dormienti?
Era così. Tranne questo, tutti i piaceri sono fantasia.
Se mai ho visto bellezza
che ho desiderato e posseduto, non è stato che un sogno di te.

Ed ora buon giorno alle nostre anime che si destano,
e non si scrutano l'un l'altra per paura,
poichè l'amore frena l'amore di qualsiasi altra vista
e fa di una piccola stanza un universo.
Siano pure andati gli esploratori per mare e in altri mondi,
abbiano le mappe mostrato ad altri mondi su mondi,
lascia che noi possediamo un mondo solo, ognuno ne ha uno, ed è uno.

Il mio volto nel tuo occhio, il tuo nel mio appare,
e i nostri cuori semplici e sinceri riposano sui volti:
dove trovare due emisferi migliori,
senza l'aspro Nord, senza il declinante Ovest?
Ciò che muore era fatto di parti non equamente commiste;
se i nostri due amori sono un amore solo oppure se tu ed io
amiamo in modo così uguale che nessuno dei due è in difetto, nessuno
di noi può morire."

The Good Morrow
John Donne

sabato 11 dicembre 2010

Better to reign in Hell, than serve in Heav'n


Milton - Un paradiso perduto

L'affascinante figura del ribelle, la gloria torbida, la tenebrosa maestà delle sue prime apparizioni. Il grande Satana in disfacimento ha ancora dei sussulti di grandezza. Quando l'angelo Ituriele lo scopre nel Paradiso Terrestre, e lo tocca con la sua lancia, egli si erge improvviso in tutta la sua statura, lo fronteggia con l'antica baldanza, una vampata d'incendio. Ma è l'ultimo guizzo.
Gli angeli hanno la meglio ed il superbo Satana dovrà adattarsi, d'ora in poi, a sgusciare furtivamente nell'Eden solo di notte, cercando di eludere la guardia degli angeli, per osservare gli animali e scegliere quello in cui è più conveniente celarsi.
Quando trova il serpente addormentato decide di entrare nel suo corpo, per compiere l'impresa contro l'Uomo, ha ancora una drammatica esitazione, nell'amara, lucida consapevolezza: "O folle precipitare! Io, che un tempo venni a contesa con gli dei, per sedere più in alto di loro, sono ora costretto in un animale; mischiato alle sue bave; imbestiato ed abbrutito io, che aspiravo alle vette del divino! Fin dove possono sprofondare l'ambizione e la vendetta?"

giovedì 9 dicembre 2010

Sport us while we may


Ti manca questo e quello.
A un certo punto non ti manca più.
E' così davvero, così.
Un pò come quando non sai bene definire qualcosa.
Complesso ed allusivo.
E allora succede che lo chiami 'originale'.

Manca poco tempo a Natale.


"Se davvero avessimo abbastanza spazio, e tempo,
allora questa timidezza, mia cara, non sarebbe un crimine".

Guardare al teatro



Come del resto non essere d’accordo con una visione della vita di impronta squisitamente teatrale quale predominava nell’età elisabettiana?!

La regine stessa arrivò a giustificare la propria regalità in termini teatrali, dichiarando che “noi principi stiamo su un palcoscenico, esposti alla vista e all’osservazione di tutto il mondo”.

La vita, una recita. Il palcoscenico, il mondo sociale in cui siamo gettati. Un tipo di analogia financo troppo elementare, ma spesso sfuggente nella realtà quotidiana.

Quanti esempi ci fornisce Shakespeare di questa concezione così intrinsecamente elisabettiana dell’esistenza: dalla famosa asserzione “Quando veniamo al mondo piangiamo perché siamo scaraventati su questo palcoscenico di matti”, alle parole, quasi bisbigliate con timore e reverenza dal mercante Antonio “Io tengo il mondo per quello che è, Graziano, un palcoscenico, dove ogni uomo deve recitare una parte, e la mia è triste”.

Uno degli aspetti sicuramente più affascinanti dello studiare quest’epoca è proprio questo: entrare in una dimensione dove il senso della vita fa rima con teatro. Londra è viva grazie soprattutto alle grandi opere drammaturgiche, ai teatri che vanno aprendosi sempre più numerosi, fino a raggiungere la decina prima della chiusura degli stessi.

Il teatro però coesisteva all’interno di una condizione storica che non aveva in realtà nulla di roseo. L’Inghilterra -Londra in primis- del sedicesimo secolo era una nazione dove il Rinascimento si sviluppa tra rivolgimenti religiosi e tentativi di portare a termine la formazione dello stato nazionale unitario. Guerra e violenza, insomma, la facevano da padrone, unite a fame, crisi delle campagne, aumento drastico della popolazione in pochi decenni, inflazione e crisi delle finanze statali: è in un simile contesto che Shakespeare va elaborando i grandi, e non solo, personaggi dei suoi drammi storici fino agli ultimi romances. E sono loro a incarnare quel pessimismo che era stato di Lutero, Calvino e infine dei loro eredi puritani: questi personaggi sanno che la politica esclude ogni considerazione morale in un mondo che è “guerra di tutti contro tutti”. Potrebbe esistere messaggio più attuale di questo?

In una società del genere, che ben poco ha da spartire con l’immagine di merry England a cui spesso con torto facciamo riferimento nella nostra mente, segnata dall’odio e dal fanatismo come poche altre nella storia moderna, affiorava quasi da sé una certa affinità, se non omogeneità, dell’arte con la vita quotidiana, il senso epocale del mondo come un grande teatro e del teatro come simbolo del mondo. Ecco come il teatro elisabettiano, che cresce e si sviluppa accentuando sempre di più la sua natura di industria redditizia, altro non è se non il frutto, o meglio la trasposizione in chiave spettacolare, delle dinamiche che muovono la storia di quegli anni.

Elisabetta I, politiche di controllo e censura a parte, fu tra le prime a difendere il nascente teatro dagli attacchi puritani e ad incoraggiarne la professionalizzazione.

E così esso prosperò –fino al 1642- passando da fenomeno relegato a marginalità sociale a qualcosa che ebbe una notevole influenza e importanza nella vita soprattutto dei londoners.

Il teatro fu essenzialmente anche un’industria, economicamente parlando, un’industria che produsse plays a migliaia, in massima parte scadenti, atte al puro e semplice intrattenimento.

Ma tra queste, una decina di scrittori si rivelarono dei geni e dei talenti in grado di tramutare un prodotto di consumo in una vera opera d’arte alta e complessa, riuscirono a porre l’età elisabettiana all’altezza dell’unico altro grande periodo di teatro nella storia europea: il V secolo greco.

Shakespeare, definito addirittura “un corvo venuto dal nulla che si fa bello con le nostre penne”, e con lui Marlowe, Jonson, Middleton, Webster, riuscirono ad imprimere alle loro materie di Britannia o di Francia, di Grecia o di Roma, d’Italia o d’Oriente, il proprio estro e intuito tragico o comico, portando la propria soggettività a coincidere con l’oggettività della mimesi drammatica.

I topoi diffusi nella letteratura del periodo, i luoghi comuni dell’epoca (l’uomo come cerniera dei due mondi, il contrasto tra apparenza e realtà, la gerarchia dell’essere e così via), quegli stessi in cui spesso è stato visto il messaggio di Shakespeare, s’incorporavano nei caratteri e diventavano parte funzionale del tutto che li trascendeva, sfaccettature lampeggianti un istante in una rappresentazione inesauribile del gran caleidoscopio dell’essere. Così i materiali e le fonti erano trasfigurati, con consapevolezza e anche per invasamento teatrale, nell’ostensione assoluta del dramma, forma principe dell’ambiguità e della coincidenza degli opposti.

E, si badi, senza che per fare questo gli autori di teatro avessero una loro particolare teoria, un metodo razionalizzato, una coscienza filosofica di quello che facevano: operavano più per principi non formulati, istintivi e inconsci, rivaleggiando coi modelli classici che scatenavano in loro un demone mimetico. A livello di consapevolezza, Shakespeare e gli altri, da empirici in tutto e per tutto, si accontentavano dell’idea corrente della mimesi fatta a fini morali, utile convenzione di mestiere che rispondeva all’attesa dei fruitori ed era bene accetta alle autorità: una falsa etichetta del prodotto culturale che è di tutti i tempi e che nulla aveva a che fare con lo spirito delle loro opere, e forse neanche con le convinzioni degli autori stessi, i quali probabilmente nello scrivere i loro copioni, pensavano di rappresentare la vita com’era e come la sentivano e basta, di dire la verità – e in questo trovavano la dignità e la sacralità del loro disprezzato mestiere.

Marlowe fu il primo scrittore a sorpassare gli schemi medievali, per aprirsi al dubbio, all’ambiguità: passare dalla tesi al problema, dal dimostrare al mostrare. Shakespeare poi porta rapidamente a maturazione la scrittura drammatica e, come fa lo spettro con Amleto, “viene a sconvolgere l’essere in noi, gonzi della natura, con pensieri oltre i limiti dell’umano”. Al punto che Kierkegaard, in Timore e tremore, ringrazia Shakespeare per essere stato “capace di esprimere tutto, assolutamente tutto, esattamente com’è”. E in verità, per quanto riguarda la scrittura teatrale, dopo di lui non c’è veramente nulla di nuovo.

mercoledì 8 dicembre 2010

Who will in fairest book of Nature show


E dire che non le importava neanche poi più di tanto di quello che pensava ora.
Arrossiva al ricordo di quello che poteva essere stato, ma non era quell'imbarazzo adulto appena percettibile. Era quella vampata furiosa, rosso che ti inonda il viso, tipico di un adolescente che si trova ad essere in uno stato di grande indisposizione e indigenza verso il mondo circostante.
Non le importava di certo quello che potesse pensare ora.
Poi cosa facesse, quale surrogato di ragazzina potesse portarsi a letto compiacente. Niente. La magia di un bacio tra i versi di una poesia era svanita da tempo.
Era solo un desiderio primitivo, viscerale, incontaminato e freddo come il marmo di fargli vedere quel suo piccolo mondo ora finalmente dischiuso. Di guardarlo in viso una volta per tutte. Guardarlo e dirgli: "Io non provo nulla, nulla, nulla!". Ecco, cosa voleva fare, le luci della città erano meravigliose da quelle enormi vetrate al diciassettesimo piano del Neutral Milk Hotel e lei finalmente sapeva cosa avrebbe fatto. Ovunque egli fosse e con chiunque fosse, l'avrebbe raggiunto e gli avrebbe detto: "Io non provo nulla, nulla, nulla!"

NEW YORK HERALD TRBUNE! NEW YORK HERALD TRIBUNE! NEW YORK HERALD TRIBUNE!

A little more stupid, a little more scared, every minute more...


Mi piacerebbe credere con trasporto al potere della Provvidenza.
E che Natale, una tazza di latte e due biscotti posati su un tavolo significassero sempre felicità.

Vic
Stasera mia piacerebbe essere altrove.

domenica 5 dicembre 2010

Smashing Pumpkins: I Need You Around

UNA DELLE CAVOLO DI COMBINAZIONI PIU' BELLE CHE ABBIA MAI TROVATO

Credere che in fondo si starebbe meglio in un'opera di Checov


Non fidatevi mai di chi vi dice "Sei mia!" mia, mia, mia, solo mia. Il possesso sta all'amore vero come la Russia sta al caldo tropicale. Uno che mi dice "sei mia" ha solo paura di stare male senza di me. Ma non che io possa stare male senza di lui... e sarà lo stesso carino -immagino- ma non è amore.

TRIGORIN: Può arrivare qualcuno. (L'aiuta ad alzarsi)
ARKADINA: Vengano pure, non mi vergogno del mio amore per te. (Gli bacia le mani). Tesoro mio, testa matta, tu vuoi fare il pazzo, ma io non voglio, non ti permetterò... (Ride).
Sei mio...sei mio... E questa fronte è mia, e gli occhi sono miei, e questi meravigliosi capelli di seta sono miei...Sei tutto mio. Hai tanto talento, sei intelligente, il migliore di tutti gli scrittori contemporanei, sei l'unica speranza della Russia... Hai tanta sincerità, modestia, freschezza, tanto sano umorismo... Riesci con un solo tratto a trasmettere i caratteri essenziali, fondamentali di un personaggio o di un paesaggio, gli uomini in te sono come vivi. Non ti si può leggere senza trasporto! Pensi che ti voglia adulare? Che io menta? Bene, guardami negli occhi...guarda...Ti sembro forse una bugiarda? Vedi, solo io ti so apprezzare; solo io ti dico la verità mio caro, meraviglioso...Verrai? Sì? Non mi abbandonerai?...