martedì 18 dicembre 2012

Henry



TROPICO DEL CAPRICORNO

Che mi tocchi morire oggi o domani, a me non importa e non mi ha mai importato; ma che nemmeno oggi, dopo anni di fatica, riesca a dire quel che penso a stento, questo mi secca, mi rode. Fin da bambino mi rivedo sulle piste di questo spettro, a non gustare nulla, a non desiderare nulla se non questa forza, questa capacità. Tutto il resto è una bugia - tutto quello che ho fatto e detto che non mirasse a questo. Ed è la maggior parte della mia vita.
Io ero una contraddizione in termini, come suol dirsi. La gente mi stimava serio e nobile d'animo, oppure gaio e scatenato, o sincero e premuroso, o negligente e spensierato. Io ero tutte queste cose a un tempo, e inoltre ero qualcos'altro, qualcosa che nessuno sospettava, meno che mai io medesimo.

Lui era morto e non c'era alternativa. Io lo sapevo e n'ero contento. Non ci sprecai lacrime. Non potevo dire: meglio così per lui, perché dopo tutto "lui" non c'era più. Andato lui, e con lui le sofferenze che aveva patito e la sofferenza che senza volere aveva inflitto agli altri. Amen! dissi fra me, e con questo, siccome ero un po' innervosito, mollai una gran scoreggia, proprio accanto alla bara.
Questo prendersela troppo ricordo che cominciò solo pressapoco quando mi innamorai per la prima volta. Ma neanche allora me la presi abbastanza. Se me la fossi presa, ora non sarei qui a scriverne: sarei morto di crepacuore, o mi avrebbero impiccato. Fu una brutta esperienza, perché mi insegnò a vivere nella menzogna. Mi insegnò a sorridere quando non avevo voglia di sorridere, a lavorare pur senza credere nel lavoro, a vivere senza aver ragione di continuare a vivere. Anche quando l'ebbi dimenticata, continuò per me il trucchetto di far le cose in cui non credevo.

Vivendo in mezzo a un mondo dov'era una pletora di cose nuove, io mi tenevo al vecchio. In ogni oggetto c'era una minuta particella che in particolar modo richiamava la mia attenzione. Io avevo un occhio microscopico per il difetto, per quel grano di bruttezza che per me costituiva l'unica bellezza dell'oggetto. Ogni particolarità che rendeva inservibile l'oggetto, o lo datava, mi attraeva, me lo rendeva caro. Se questo era perverso era anche salubre, considerando che io non ero destinato ad appartenere a questo mondo che mi sorgeva attorno. Presto anch'io sarei diventato come questi oggetti che veneravo, una cosa a sé, un membro disutile della società. Ero datato, definitivamente, questo era certo. Eppure riuscivo a divertire, a istruire, a nutrire. Ma mai a farmi accettare in modo genuino. Quando volevo, quando me ne veniva il prurito, riuscivo a scegliere un uomo qualunque, in qualunque strato sociale e a farmi ascoltare. Riuscivo a tenerlo incantato, volendo, ma come un mago o uno stregone, solo finché in me fosse lo spirito. In fondo sentivo negli altri una sfiducia, un disagio, un antagonismo che, essendo istintivo, era irrimediabile. Avrei dovuto fare il pagliaccio; mi avrebbe permesso la più ampia gamma espressiva [...] La gente mi avrebbe apprezzato perché non avrebbe capito; ma avrebbe anche capito che non mi si poteva capire. E questo a dir poco sarebbe stato un sollievo.

Per un uomo del mio temperamento, essendo il mondo quel che è, non c'è assolutamente speranza né soluzione. Anche se potessi scrivere il libro che voglio scrivere, nessuno lo vorrebbe - conosco troppo bene i miei compatrioti. Anche se potessi ricominciare da capo non servirebbe perché fondamentalmente non ho voglia di lavorare, non ho voglia di diventare un membro utile della società. Sto seduto a fissare la casa dall'altra parte della strada. Sembra non solo brutta e insensata come tutte le altre case della strada, ma a fissarla intensamente all'improvviso è diventata assurda. L'idea di costruire un luogo di rifugio in quel modo particolare mi sembra assolutamente folle. La città medesima mi sembra un esempio di somma follia, tutto quel che c'è dentro, fogne, ferrovie sopraelevate, macchine a gettone, giornali, telefoni, guardie, maniglie delle porte, dormitori per barboni, schermi, carta igienica, tutto. Tutto potrebbe anche non essere, e non solo nulla andrebbe perduto, ma anzi si guadagnerebbe un universo intero. Guardo la gente che mi passa accanto per vedere se per caso qualcuno è d'accordo con me. Supponiamo che ne fermassi uno per fargli una semplice domanda. Supponiamo che gli dicessi all'improvviso: "Perché continui a vivere in questo modo?". Probabilmente chiamerebbe una guardia. Mi chiedo se nessuno si parla mai come faccio io. Mi chiedo se per caso in me c'è qualcosa di storto. L'unica conclusione a cui arrivo è che io sono diverso. Ed è una questione assai grave, comunque la si guardi. Henry, dico a me stesso levandomi lentamente dallo scalino, stirandomi, strusciandomi i calzoni e sputando la gomma, Henry, dico a me stesso, sei ancora giovane, sei appena un galletto e se ti lasci prendere per le palle, sei un idiota perché sei migliore di tutti loro, solo che devi liberarti dalle tue false idee sull'umanità. Devi capire, ragazzo mio, che hai a che fare con dei tagliagola, coi cannibali, anche se son vestiti, sbarbati, profumati, ma questo sono, tagliagola, cannibali. La miglior cosa per te Henry è andartene a prendere un gelato di cioccolata, e quando siedi al bar tieni gli occhi spalancati e dimenticati il destino dell'uomo perché  potresti anche trovare da chiavare e una bella chiavata ti sgrava le palle e ti lascia un sapore buono in bocca mentre questo ti dà solo dispepsia, forfora, alitosi, encefalite. [...]
Non c'è soluzione per un uomo come me, essendo io quel che sono e il mondo quel che è. Il mondo è diviso in tre parti, di cui due parti sono polpette e spaghetti e l'altra un'enorme cresta di gallo sifilitica.


da Tropico del Capricorno

lunedì 17 dicembre 2012

His eye is on the sparrow

Liberati della tua elegante indolenza.
La libertà che ti viene data dalla solitudine crea un senso di vertigine immensa, non facile da gestire, è prepotente, ma soprattutto ricca.
Liberati della tua elegante indolenza.
Smettila di ridere al momento sbagliato. E' terribile non fare qualcosa che si desidera o continuare qualcosa di rivoltante solo per mancanza di coraggio, tienitelo a mente.
Oppure, se dev'essere così, non desiderare affatto.
Amare una persona significa soprattutto essere coraggiosi. Non ci si innamora con il cuore, ci si innamora con ogni atomo, con unghie, reni, capelli e cigli olfattivi, anche e soprattutto con il cervello e con i suoi stupidi pensieri. Allora a quel punto devi sembrare agli occhi degli altri crudele e senza cuore, quando in realtà sarai solo forte e destinato a durare.
Per lo più evita quelli che amandoti ti generano dell'odio verso di loro.
Ma soprattutto liberati della tua elegante indolenza ed esercitati.

...pulled her stockings off
with a frightful cry of "Hauptbahnhof!!"


дорога в небо, урал

sabato 15 dicembre 2012

PACE E SALUTE

Ha detto un canadese in un suo libro - rimango nel generale perché il nome particolare non lo ricordo e comunque i canadesi sanno quasi sempre il fatto loro - ha detto:

Quello che so è, hai maggiori possibilità nella vita, di sopravvivere, se sopporti bene la PERDITA...riuscendo in tutto ciò a non diventare cinico.

E' vero sapete, è una gran bella verità più o meno scontata, la sopportazione di perdite diversamente catalogate, oltre modo se privata di cinismo. Ce lo diceva anche il professor Malcovati quando si faceva il corso di Storia del Teatro Russo e ci siamo imbattuti in una battuta, perdonate il calembour, di Nina in "Il Gabbiano" di Cechov. Nina voleva diventare un'attrice famosa, è scappata con Trigorin, stimato letterato, che le aveva fatto mille promesse e poi non è successo niente, niente è fiorito e quello che già era sul punto di sbocciare semplicemente è appassito, si appassisce sempre nei drammi di Cechov. Dunque Nina, insoddisfatta, torna dalla città, torna da Treplev che nel frattempo l'aveva maledetta, odiata, strappato tutte le sue lettere e le sue fotografie ma riconosciuto che l'anima sua (di Trigorin) era legata indissolubilmente per l'eternità a quella sua (di Nina) e Nina dice:

Io adesso so, capisco, Kostja, che nel nostro lavoro, e non importa se recitiamo in teatro o scriviamo, la cosa più importante non è la gloria, non è lo splendore, non è ciò che io sognavo, bensì la capacità di sopportazione. Sappi portare la tua croce e credi. Io credo, e il mio dolore si placa, e quando penso alla mia vocazione, non ho paura della vita.

E il professor Malcovati di rimando ci ha detto:

Ragazzi, queste parole dovreste tatuarvele sul braccio.

mercoledì 5 dicembre 2012

RED

I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra
Nella collera e nelle ubriachezze penitenti.

La verità che dico ogni tanto a me stessa, solo ogni tanto, è che se ci fosse un vago alone di Stabilità in quello che stiamo facendo io sarei felice. Ma può anche darsi che durerebbe poco, poi mi tornerebbe la nausea e vagherei ancora incerta per le strade e farebbe sempre troppo freddo. C'è chi è Orazio e chi è Amleto, c'è chi è Amleto ma gli riesce difficile ammirare Orazio, Orazio non era poi niente di che, era il sottomondo di Amleto che lo rendeva speciale, ma c'è davvero qualcuno che vorrebbe essere Orazio così come lo vedeva Amleto?, e se divenissimo tutti degli Orazio di tale fattura, l'aporia diverrebbe regina e cesserebbero un sacco di cose, cesserebbe tutto, è un'utopia volere essere quell'Orazio. Basterebbe farsi amici dell'Imprevedibilità, tenere gli occhi chiusi, no uno meglio lasciarlo aperto. Io cerco di girarle intorno, ma circospetta come un ghepardo prima di afferrare la sua gazzella, la penso, ma per lo più vorrei evitarla, per lo più ora vorrei esprimermi in colori, Belyj per esempio faceva così più o meno, gran bel romanzo il suo.
Rosso, come il cuore della Russia, come non la passione, ma la tenerezza perché è quasi sempre colpa sua; come tante altre cose.














sabato 17 novembre 2012

The portrait of a lady #2


(Leggere Henry James trasforma le persone in meglio)

Si vide, negli anni a venire, ancora nella posizione della donna che aveva la sua vita da vivere, e quei presagi contraddicevano lo spirito dell'ora presente. Poteva essere desiderabile andarsene lontano, veramente lontano, più lontano ancora della piccola Inghilterra verde e grigia; ma questo privilegio, evidentemente, doveva esserle negato. In fondo all'anima sua, più profondo ancora di qualsiasi rinuncia, era il senso che la vita sarebbe stata un dovere per lei, per molti anni ancora. A momenti in quella convinzione c'era qualcosa di ispirato, quasi d'entusiasmante. Era una prova di forza: la prova che un giorno ella avrebbe potuto essere felice di nuovo. Era impossibile che dovesse vivere soltanto per soffrire; era giovane ancora, dopo tutto, e potevano capitarle ancora tante cose. Vivere soltanto per soffrire, per sentire la ferita infertale dalla vita ripetersi e approfondirsi...le sembrava di essere troppo ricca di capacità e valore, per questo. Poi si domandava se non era vanitoso e stupido pensare tanto bene di sé. Quando mai era stata una garanzia, avere un valore? La storia non era tutta piena della distruzione delle cose preziose? Non era molto più probabile che se uno era raffinato dovesse soffrire? Era, forse, un'ammissione di volgarità, ma Isabel riconosceva, mentre le passava dinanzi agli occhi rapida e vaga, l'ombra di un lungo avvenire.


Isabel si sentiva giustamente rallegrata, ma la sua soddisfazione non era scevra d'una certa malinconia. Henrietta, dopo tutto, si era confessata umana e femminile: Henrietta, che ella fino allora aveva considerato una fiamma vivida e ardita, una voce disincarnata. Era una delusione scoprire che aveva suscettibilità personali, che era soggetta a comune passioni, e che la sua intimità con Bantling non era stata completamente originale. C'era una mancanza di originalità nella decisione di sposarlo, c'era perfino una specie di stupidità; e per un momento, agli occhi di Isabel, lo squallore del mondo prese una tinta più cupa.


Era arrivata a conoscere Roma profondamente, teneramente: la città si fondeva alla sua passione e la moderava, ma ella finiva col pensarla specialmente come un luogo dove gli uomini avevano sofferto. Era questo il pensiero che l'assaliva nelle misere chiese dove le colonne marmoree, trasferite colà dalle rovine pagane, sembravano offrirle una compagnia nella rassegnazione, e l'odore del vecchio incenso le pareva una esalazione di preghiere inascoltate. Non v'era eretica più gentile e più illogica di Isabel: il più fermo dei credenti, fissando i quadri anneriti degli altari o i grappoli di candele, non poteva sentirne più intimamente la suggestione, o essere più suscettibile, in quel momento, di una visitazione spirituale.

martedì 13 novembre 2012

PER LO PIU', PECORE E DINOSAURI

La musica mi mette gioia. Sì, mi mette gioia come essere accudita quando ho la febbre alta e non capisco più niente, penso solo che sono sulla strada giusta per avere una visione mistica: una pecora innalzata su un altare di legno circondata da un gregge di pecore ammiratrici, essa sta per ascendere al cielo, che frattanto si è squarciato in due ed è pronto ad accoglierla tra belati che non ho ancora capito se siano festanti o meno. Ho sempre avuto un'ammirazione per le pecore, assomigliano tanto agli uomini seppur più buffe e graziose d'aspetto, quindi in definitiva amo anche gli uomini, faccio come ci ha detto San (Pier) Paolo (Pasolini) da Damasco. Amo essere accudita anche se ciò per lo più comporta una fuga di visione a favore di un'allineazione e amo la musica, anche quando è triste, certo, di solito più è triste più mi mette gioia. Niente mi commuove di più di quell'assolo che viene fatto in Said the People dei Dinosaur Jr. o di quando dice I'm countin' on you. Non c'è momento in cui siamo più liberi di far vagolare qua e là il sincero flusso delle nostre sensazioni come quando ascoltiamo (bella) musica o diciamo una preghiera a Dio anche se la storia su di lui non ci quadra proprio del tutto. Non c'è del resto bisogno per fare questo di saper scrivere recensioni piene di termini stralunati e molto acculturati come fanno i tizi di ondarock, l'ultima mia phrase preferita era "astrazioni labrafordfiane", non ho idea di cosa voglia dire e da dove venga, però penso di leggere le recensioni di onda rock proprio per sentire dire cose come astrazioni labrafordfiane. Mi compro alcuni dei cd da loro definiti pietre miliari.
Comunque il fatto è che quando si è giovani ma non più così tanto giovani, si inizia a essere attanagliati da tante paure circa la vita, il fatto di essere dei falliti, le malattie, le responsabilità, la fortuna di trovarti accanto qualcuno che crescendo è cresciuto come te e non ha deviato verso altri status mentali più (non dirò quella parola), la fortuna di trovare qualcuno che ti faccia sentire meno solo non confondendo le categorie amore e proprietà o le categorie amore e discarica dei rifiuti. Ti attanagliano davvero e, sopratutto se sei forte, non puoi riuscire a scansare certi pensieri, soprattutto se sei, forte? Sei una waste land a 23 anni, lasciatemelo dire, inizi a intravedere cose sgradevoli e grazie a Dio se si possono avere momenti in cui ascoltare assoli come quello in Said the People! grazie Dio! te lo ripeterò in una di quelle preghiere un po' sconnesse a cui sto ancora cercando di dare un senso in cui ti immagino circondato da bellissimi caproni che stanno per giungere verso di te.

VIC

venerdì 2 novembre 2012

THE PORTRAIT OF A LADY

Ella si era domandata spesso se mai era stata, o avrebbe mai potuto essere, intima di qualcuno. Aveva un'ideale dell'amicizia, e così di parecchi altri sentimenti che non le sembrava completamente rappresentato dal caso presente, come non lo era sembrato in altri casi. Si andava ripetendo, tuttavia, che c'erano ragioni essenziali per cui l'ideale non può realizzarsi mai. Era cosa in cui credere, non da vedere: era questione di fede, non di esperienza. L'esperienza, però, poteva fornire imitazioni molto stimabili, e toccava alla saggezza accontentarsene come meglio poteva.

Non vi è base più comune per una unione d'una scambievole incomprensione.

"Non mi creda scortese, ma è proprio questo che mi piace: che lei mi perda di vista. Se si stesse nello stesso luogo, sentirei che lei sta sempre lì a guardarmi, e questo non mi piace...amo troppo la mia libertà. Se c'è una cosa al mondo che amo," continuò con un leggero ritorno di superiorità "è la mia indipendenza".

Questo è molto immaturo da parte sua. Quando avrà vissuto tanto quanto me, si accorgerà che ogni essere umano ha il suo guscio e che bisogna prendere in considerazione anche il guscio. Ma per guscio intendo tutto l'involucro delle circostanze. Un uomo, una donna isolati non esistono: ciascuno di noi è fatto di qualche grappolo di accessori. Che cos'è il nostro 'io'? dove comincia? dove finisce? Trabocca in tutto ciò che ci appartiene e poi rifluisce di nuovo in noi. So che gran parte di me è nei vestiti che scelgo e che indosso. Io ho un gran rispetto per le cose ! Il nostro io, per gli altri, è l'espressione che noi diamo del nostro io; e la nostra casa, i nostri mobili, il nostro abbigliamento, i libri che leggiamo, gli amici che scegliamo...tutte queste cose sono profondamente significative!"


"Cerco di pensare più al mondo che a me stessa...ma torno sempre a me perché ho paura." Tacque. La sua voce aveva tremato un poco. "Sì, ho paura; non so come dire. Una fortuna simile significa la libertà, e io ne ho paura. E' una cosa tanto bella, e bisognerebbe farne buon uso, altrimenti ci sarebbe da vergognarsi. E bisogna continuare a pensare: è uno sforzo costante. Non so se sia una felicità maggiore essere privi di ogni potere."
"Non dubito che sia una felicità maggiore per i deboli. Per i deboli dev'essere terribile lo sforzo per non rendersi disprezzabili."

Era capace di sentirsi un po' ferita dalla scoperta d'essere dimenticata, ma di tutte le libertà, quella che trovava più dolce era la libertà di dimenticare.

"Secondo me," disse " le cose dovrebbero piacere o non piacere. Non tutto può piacere, si capisce, ma perché volerlo spiegare a tutti i costi? Non si sa mai dove si potrebbe arrivare. Ci sono alcuni buonissimi sentimenti che possono avere motivi cattivi, è vero o no? E così talvolta ci possono essere pessimi sentimenti che hanno ottimi motivi. Capisce quel che voglio dire? A me non importa nulla dei motivi, ma so quel che mi piace".

Non essendo mai stato un visitatore importuno, non aveva avuto mai l'occasione di rendersi sgradito; le si era raccomandato con quell'aria di essere perfettamente in grado di poter fare a meno di lei come lei lo era di fare a meno di lui: qualità che, strano a dirsi, la colpiva sempre come base favorevole per stringere una relazione.

Si prendeva tanto sul serio però; era, questo, qualcosa di terribile. Sotto tutta la sua cultura, il suo ingegno, la sua amenità, sotto il suo buon carattere, la sua disinvoltura, la sua conoscenza della vita, si nascondeva l'egoismo come una serpe in una proda fiorita.

La concezione della vita aristocratica era per lei semplicemente l'unione di un grande sapere con una grande libertà: il sapere avrebbe dato un senso di dovere, e la libertà un senso di godimento. Ma per Osmond era solo questione di forme, un atteggiamento consapevole, calcolato.

giovedì 11 ottobre 2012

Smells like teen slut

Sono gli amici che puoi chiamate alle 4 di notte che importano. I walked along the streets I didn’t know the name of. didn’t know which way to walk. the sadness was that something was wrong. and I could not formulate it. it hung in my head like a bible. what shit nonsense. what a way to be strung out. no map. no people. no sound, just wasps. stones. 
walls. wind. my pecker and balls dangling without feeling. I could scream out anything in the street and nobody would hear, nobody would care a tit. not that they should. I wasn’t asking for love. but something was very odd. the books never spoke about it. the parents never spoke about it. but the spiders knew. fuck off. I miss the feeling of your arms tightly wrapped around me. Loneliness leads you to insanity. I woke up wanting to break every dish in my house again. Somewhere along the way I'll end up calling you.

I do not feel good
I've got the sad sads
all I want to do is
fuck you.

Vive le vers libre, vive la France!

PIECES -RANDOM PIECES

giovedì 30 agosto 2012

The concept of tradition

Per quanto io realizzi e faccia grandi scoperte. Scivolo lo stesso sulle stesse cazzate, grazie a Dio per lo meno è finita l'estate. Una qualche scrittrice russa, o polacca, mi ricordo solo di un nome dall'alone sovietico, ha scritto e qualcuno l'ha tradotta che WAITING IS EROTIC. Può darsi che waitingiserotic se alla fine dell'attesa succede qualcosa. Del resto, un'attesa di cui si conosce l'oggetto non può in alcun modo essere erotica. E' erotica quando il fine non esce da sé stesso, quando ti si offre nuda e sensuale, distesa tra strazianti lenzuola di seta bianca.
Ho bisogno di questi momenti evidentemente, ho bisogno, e dico bisogno, di loro: mal di testa e ripensamenti a libercoli che incitano gli studenti a sviluppare i loro muscoli per evitare di masturbarsi.
Scrivere è terapeutico, anche se scrivi bugie, perché, quando scrivi, la verità non è più del tutto vera, nuda come l'attesa no di certo. Si veste delle aspettative di coloro a cui getti in pasto le tue parole. Waiting is erotic per ciascuno diventa l'immagine particolare di una sensazione particolare, personale, vera solo in quel particolare perciò non vera. Què és la veritat? stava scritto a Barcellona su quel tempio un po' profano, la  Sagrada Familia. Buon Dio, che ne so, se solo si potesse evitare in qualche modo questo buco in cui Satana è sprofondato.
Ma evidentemente ho bisogno anche di questo. Di tutto. Sì, tutto, tutto, tutto.
Di credere negli autori del passato e nella tradizione. Nella tradizione.
Poi che qualcosa accada, perdio! Che qualcosa accada contro questo orrore che mi coglie di poter diventare grassa col tempo, di innamorarmi, di addomesticarmi.
Quest'orrore. Mr. Kurtz is dead.




venerdì 10 agosto 2012

VACANZA AI TROPICI

Per sette anni andai in giro, notte e giorno, con in mente una sola cosa: lei. Se ci fosse stato un cristiano fedele al suo Dio quanto io ero fedele a lei, oggi noi tutti saremmo altrettanti gesucristi. Notte e giorno pensavo a lei, anche quando la ingannavo. E ora, a volte, nel bel mezzo delle cose, quando io credo d'essermene completamente liberato, magari voltando l'angolo, saltano fuori una piazzetta, pochi alberi, una panchina, un luogo deserto dove ci eravamo fermati a litigare, dove c'erano state scene di gelosia folle, da impazzire. Sempre un luogo deserto, come la place de l'Estrapade, per esempio, o quelle straduzze sudicie, tetre verso la moschea, o lungo quella tomba spalancata che è avenue de Breteuil, così silenziosa alle dieci di sera, così morta, che ti fa pensare che so? all'assassinio o al suicidio, ma basta che crei un vestigio di dramma umano. Quando mi rendo conto che lei non c'è più, partita per sempre, si apre un gran vuoto e mi sembra di cadere, cadere, cadere in un profondo spazio buio. E questo è peggio delle lacrime, più profondo del rammarico, del dolore, della pena: è l'abisso in cui fu precipitato Satana. Non c'è modo di risalire l'abisso, non raggio di luce, non suono di voce umana o umano tocco di dita.
 Quante migliaia di volte, passeggiando per le strade di notte, mi sono chiesto se sarebbe tornato il giorno ch'io la riavessi al mio fianco: tutte le occhiate di desiderio che lanciavo alle case e alle statue; le guardavo con tanta fame, con tanta disperazione che ormai i miei pensieri dovevano essere parte degli edifici stessi e delle statue, dovevano essere saturi della mia pena. Non potevo neanche fare a meno di riflettere che quando passeggiavamo insieme per queste strade sudicie e tetre, così sature ora del mio sogno e del mio desiderio, lei non aveva osservato nulla, sentito nulla: erano per lei come ogni altra strada qualsiasi, un po' più sordide, forse, ma basta. Lei non ricordava che a un certo angolo io mi ero fermato a raccogliere la sua forcina, e che, chinandomi a legarle le stringhe, avevo notato il punto su cui s'erano posati i suoi piedi e ci sarei rimasto per sempre anche dopo che fossero demolite le cattedrali e tutta la civiltà latina fosse stata spazzata via per sempre.
Una notte, passeggiando giù per rue Lhomond, in un attacco di insolito dolore e desolazione, certe cose mi si rivelarono con acuta chiarezza. Forse perché tante volte ero passato, amaro e disperato, per queste strade, forse perché ricordavo una frase che lei aveva lasciato cadere una notte che eravamo a place Lucien Heer; non so. "Perché non mi mostri quella Parigi" disse, "di cui hai scritto?" Una cosa ricordo: che al rammentare quelle parole all'improvviso io capii l'impossibilità di rivelar mai la Parigi ch'ero riuscito a conoscere, la Parigi degli arrondissement indefiniti, una Parigi che non è mai esistita se non in virtù della mia solitudine, della mia fame di lei.


Tropico del Cancro

Henry Miller

domenica 1 luglio 2012

A CASE OF YOU, DARLING

Ho dei problemi con la felicità. La felicità ha dei problemi con me, forse. Io non le ho mai fatto nulla, neanche chiesto troppo.
Sta di fatto che ci sono dei problemi.
Le angolazioni che assumevano i nostri corpi quando il gallo cantava tre volte e bisognava svegliarsi per forza, già. No aspetta ancora un attimo, e gli spazi si organizzavano. Aspetta. Ti dicevo, o lo pensavo solamente, è lo stesso.
Sta di fatto che ora mi manchi.
Mi manchi, miseria. Lo dico poco, per niente e lo penso spesso. Sembro appena tornata da un giardino di giacinti, la conosci la leggenda su questo fiore? Ho i capelli umidi, sarà il caldo. Umidi e tutto il resto. Le parole falliscono il loro compito e tutto il resto. E' il caldo.
Sto nel mio giardino che non è imparentato in alcun modo con quello dei giacinti, seduta e a prendere caldo, e indipendentemente dal caldo mi viene impossibile evitare di pensare alle seccature della vita, a Laforgue.
Già gli estivi corvi la lor salmodia han mischiato ai rintocchi delle nostre campane... boschetti degli ameni rifugi, ormai addio.
Neri corvi volano sopra la mia testa attaccata a questo mio corpo seduto qui. Ridracchiano.
Può darsi di me.
Arrivano pensieri geometrici, rivedo le angolazioni, i corvi volano paralleli e i nostri arti superiori rette che si intersecavano.
Può persino e benissimo darsi che questa strana geometria irregolare fosse una delle poche cose in grado di prendere la felicità al cappio impedendole di fare la spudorata come suo costume, quando si comporta da toccata e fuga in re minore, lasciandoti al più con dei corvi peciosi che gracchiano maleducati alla tua finestra. Io ho questa impressione.
Esiste una certa teoria di una certa sacra geometria delle unioni. La dualità è attributo femminile, il simbolo dell'uomo è l'unità. Solo in tal modo si ottiene la Trinità, senza di cui non è possibile il focolare domestico.
Mi è capitato uno in questo senso troppo ateo.
Ah! Destino banale! Tutto brilla e poi passa, ci adesco d'infinito con il Vero e l'Amore; e così andremo finché a sua volta scoppi ai cieli sparsa la terra senza che ombra sua rimanga.


VIC

venerdì 18 maggio 2012

VINO

E' difficile dipingere con le parole, come è difficile dirti a parole quello che provo nel vedere delle immagini, che sono sensazioni senza alcun fine e senza nessun valore epistemologico. A un certo punto, si stava quando i Vittoriani iniziavano a essere visti perdenti alle elezioni, a quel punto allora un certo borioso che si definiva arguto, stiloso peggio di un trend setter (ho scoperto che adesso come professione uno può fare il trend-setter), ma anche un pò filosofo, si è messo a dire proprio questo, che l'arte deve essere create fine a sé stessa e vadano a farsi inculare i poeti vate, adesso ci siamo noi trend-setterz. Il problema è che poi si è fatto inculare anche lui da un giovincello bello e dannato e non ne sono uscite niente che scaramucce per lui. Del tipo che finii in prigione. Insomma che lui diceva "L'arte non rispecchia la vita, ma rispecchia voi ipocriti e fratelli spettatori"
(il corsivo è mio, anzi no di Baudelaire) e sono cazzi vostri sostanzialmente se volete iniziare a scavare sotto la superficie. Quindi quando trovi, mio fratello spettatore, un così ingegnoso gioco di parole è meglio che ridi, sguaiatamente anche, prima di capire che stai ridendo di te stesso.
Poi i Vittoriani sono caduti nell'oblio, sono arrivati i fan di Edward, nome che ai tempi ancora non era associato a un vampiro, e più o meno la situazione si mantenne la stesse, se non che nell'aria qualcuno iniziava a fiutare già l'inganno, ma è con la fine dei Georgiani che tutto lo schifo ebbe davvero inizio. La colpa fu di un colpo di pistola, adesso nella vostra mente si affolleranno frammenti di ricordi che recitano qualcosa come 14 giugno, Sarajevo, Austria, non doveva farlo cazzo!, la-goccia-che-fece-traboccare-il-vaso. Scoppiò la prima guerra mondiale; si mise Freud in mezzo ai piedi. Voi lo capite quanto potreste essere più felici adesso se Freud avesse deciso di non diventare l'ombra dietro la quale compiamo ogni nostro passo? No, non lo potete capire finché vi preoccupate di prendere il tè alle cinque in punto. Passons.
Si mise Freud in mezzo, che lo vogliamo o meno, esseri liberi quali non siamo per niente, e l'idea che forse tutti quei milioni di persone uccise dentro le trincee fosse stata dettata da ragioni irrazionali che sfuggono al nostro controllo iniziò a far spaventare a morte varie persone, specialmente i poeti, quei pochi rimasti, quelli che almeno da Wordsworth in poi, si sa, avevano una spiccata personalità, più in alto volavano dei commoners. Non era più il tempo di mettere in scena gag sul matrimonio in cui una vedova ringiovanisce di almeno dieci anni alla morte del marito, era tempo di dar voce alla tragedia, di dar voce alla terra guasta di cui si era scoperto così indelicatamente di essere gli abitanti. Lavoro non facile, non puoi mica scrivere un sonetto di 14 versi con rima incatenata su quanto faccia schifo tutto questo. Suonerebbe vizioso. Bisogna inventarsi qualcosa di nuovo, bisogna che tutto sia difficile così come lo è là fuori, bisogna scuotere il lettore dalla sua ignavia pecorile! Scuotiamolo! Scagliamoci lance contro.
E' successo in breve tempo che Einstein ha scoperto la teoria della relatività e tutti questi artisti hanno voluto applicare la legge scientifica nell'arte, questo lo dicono i manuali, ma probabilmente è una cazzata. Comunque comparvero, nell'arte, le signorine d'Avignone, il Ballet Mecanique in musica, l'arte delle arti, e Leopold Bloom divenne la persona inesistente che noi potremo arrivare a conoscere meglio di qualsiasi altra persona che mai conosceremo. L'orrore forse poteva ancora in qualche modo essere riscattato da un sentimento di umanità che ci permetteva di entrare nella mente di un altro, chissà. Tutti frammenti accostati per far fronte alle proprie rovine. E ha funzionato? No, non lo so, cosa ne posso sapere io mentre bevo un bicchiere di vino il venerdì sera.
La cosa certa è che di tutto questo quando Il ritratto di Dorian Gray è uscito negli Uci Cinema qualche anno fa ha riscosso grande successo tra i tamarri della nostra generazione, e quindi non so, a volte dubito che il Re Pescatore torni mai a riprendersi.
Ad ogni modo, i poeti, finchè esistettero, cercarono di dipingere con le parole ed essere ciclici
                                                                                                                                     felici?
I,  Tiresias

domenica 6 maggio 2012

NUDE

 "...No, it is impossible; it is impossible to convey the life-sensation of any given epoch of one's existence - that which makes its truth, its meaning - its subtle and penetrating essence. It is impossible. We live, as we dream - alone."




Conrad, Heart of Darkness

martedì 1 maggio 2012

sedative

non riesco più a far meno di un'oscena solitudine non riesco più a mettere punti e maiuscole non riesco più a smetterla con l'iterazione però ho smesso di fumare si dice che faccia bene alla salute un po' come mangiare il pesce soprattutto al venerdì il pesce fa bene fa bene perché contiene fosforo di più il venerdì e poi vuol dire gesù cristo figlio di dio salvatore questo lo dicevano i cristiani perseguitati anziché usare facebook e twitter loro usavano i pesci
il re pescatore la leggenda del re pescatore dentro la terra desola di ti es eliot ogni volta che leggo quel poemetto mi viene quasi da sputare sono quei momenti lì son i frammenti con cui puntello le mie rovine storico-culturali ma più che altro neurologiche neuro-adventure vieni?

Si sta come il conte Ugolino
in maggio
negli appartamenti affittati

...


- Yet when we came back, late, from the Hyacinth garden,
Your arms full, and your hair wet, I could not
Speak, and my eyes failed, I was neither
Living nor dead, and I knew nothing,
Looking into the heart of light, the silence.

VICLIOT

mercoledì 11 aprile 2012

"Sono spaventato", disse laconicamente Vanja, "perché vedo che tutti sono divorati dall'orgoglio".

I Ricordi dal sottosuolo dedicano al tema della letteratura pagine capitali. Il protagonista ci informa di aver coltivato per tutta la vita "il bello e il sublime". egli ammira appassionatamente i grandi scrittori romantici. Ma è un balsamo velenoso ciò che quegli individui eccezionali versano sulle sue ferite psicologiche. I grandi slanci sviano dalla realtà senza liberare veramente, perché le ambizioni che risvegliano sono, in definitiva, terribilmente mondane. La vittima del romanticismo diventa sempre più inadatta alla vita ed esige contemporaneamente da essa cose sempre più esorbitanti. L'individualismo letterario è una specie di droga di cui bisogna continuamente aumentare le dosi per procurarsi, a prezzo di sofferenze sempre accresciute, qualche dubbia estasi. La scissione fra "l'ideale" e la realtà sordida viene aggravata. Dopo aver fatto l'angelo, il personaggio del sottosuolo fa la bestia. Gli sdoppiamenti si moltiplicano. A questo, il Sosia non era ancora arrivato.[...]
L'opera romantica ( Povera gente, La padrona, Le notti bianche, Il signor Procharcin, Umiliati e offesi e così via), dove la dualità della coscienza si rifletti in una netta divisione fra "buoni" e "cattivi", non può dunque salvare lo scrittore; essa lo chiude nel cerchio del suo orgoglio; perpetua il meccanismo di un'esistenza votata al fallimento e alla fascinazione. [...]
Tutte le opere del periodo romantico, con la parziale eccezione del Sosia, non fanno che riflettere una dualità che le opere maggiori rivelano. Il personaggio del sottosuolo è al tempo stesso il personaggio "sognatore" e lirico delle opere sentimentali e il piccolo funzionario intrigante e ridicolo delle opere grottesche. Le due metà della coscienza sotterranea si sono unite. Non è la loro impossibile sintesi che lo scrittore ci presenta, ma la loro contrapposizione dolorosa in uno stesso individuo.





da René Girard
Dostoevskij, dal doppio all'unità

PIETROBURGO, in breve

Sto leggendo Pietroburgo di Andrej Belyj. Anno di composizione: 1911 - 1914
Lo trovo un romanzo bellissimo semplicemente perché succede che i capitoli terminino con frasi come questa:


" L'osso frontale però non poteva capire; la fronte era stretta e solcata da rughe trasversali, che gli davano l'apparenza di uno che pianga".

martedì 10 aprile 2012

Sono incazzata, perché non fanno più quelle incredibili mele e pere di Cezanne. Soprattutto le mele.

Bisogna gioire! Gioire, ecco cosa bisogna fare. Ma guarda che bel verbo e che bel sostantivo + articolo,  la gioia. Su per l'ugola, poi ti riempie la bocca, uno scoppio e fuoriesce tutto, qualora ti metta a cantare l'inno alla gioia di Beethoven. Freude, freude freude!
Ecco cosa bisogna fare.
Amici miei.
Quando le avversità ti colpiscono bisogna cambiare sostantivo, non avversità, bensì originalità.
Dunque tutto cambia.
Adesso ti fanno credere che i computer e le cose con sopra una mela siano l'unica realtà che conta, linee e formule matematiche. Vi svelo un segreto, con un computer e tutto il resto si può anche non vivere.
Ma "mio padre legge ancora il dizionario tutti i giorni. Crede che la vita dipenda dal tuo potere di padroneggiare le parole". Ecco come stanno le cose.
Tutto dipende dal titolo. Cezanne, prendiamo lui. Anche lui considerava le cose in modo originale, considerava anche le mele in modo originale, non era un semplice mucchietto di mele: ogni mela aveva la sua prospettiva, ogni mela aveva vita e luce propria. Eppure stavano lì tutte insieme e la mela verde conferiva del verde alla mela accanto, come quelle persone verdi che passano nella tua vita per poi diventare rosse e tu conservi un po' di quel verde sulla tua tavolozza colorata. Questo era il principio e di questo bisogna gioire, si capisce, perché quel verde rappresenta la libertà individuale che ti è rimasta di respingere tutto ciò che non sia verde e il verde ti fa bene. Ma, di nuovo, quante assurdità. Le mele di Cezanne non centrano poi molto, le ho tirate fuori per via del titolo e del mondo della apple e per il fatto che dopo le abbuffate pasquali mangiare delle mele di certo non potrà farvi male.

VIC

sabato 24 marzo 2012

Discomunicazione a forma di teddy bear

Sento le parole che dici. Tengo conto delle parole che dici.
Ma il mio cuore è ciò che è andato perduto.
Il mio cuore è andato perduto.
Nella selva oscura.
Segnati la mappa nei promemoria, un giorno magari saremo ancora amici.
La rima concatenata è diventata sciolta,
anche il sentimento, ormai si sa, è in rivolta.
Credici al post-modernismo, fa bene al tuo ego
ti vela di mistero
ti fa credere che in fondo non sei tu
lo scemo.
Prima di prendere il tè, un french toast e fare un brindisi
tempo ci sarà
per assassinare e creare
per me e per te
per le indecisioni e le revisioni 
da prendere.




VICLIOT POSTm.

sabato 3 marzo 2012

PIPPO BAUDO E LA SCATOLA




Il nostro è un paese in cui si leggono pochi giornali e pochi libri, al contrario si guarda molta televisione.
Che sia questa una delle cause per cui gli Italiani sempre più spesso vengono dipinti come superficiali e disimpegnati? Può darsi.
Che le etichette non ci spingano ad aderire ad esse, primo.
Secondo: è possibile immaginare un ruolo più attivo e responsabile della televisione nel suo complesso, per innalzare l'informazione, la cultura e l'impegno civico.
Certo che è possibile, neanche si stesse chiedendo a Leonardo di creare una macchina per far volare l'uomo!
Due a questo punto sono i problemi che si stagliano all'orizzonte: a sinistra incombe quello che forse, per un pizzico di patriottismo ancora radicato in noi, non vorremmo mai arrivare a riconoscere in pieno, ossia che se gli Italiani si ostinano a non volere leggere libri la causa non va ricercata nella televisione, ma nella mente dell'italiano medio che un pò superficiale e disimpegnata lo è davvero. Ma lasciamo un attimo da parte questo esercito apparentemente non troppo offensivo di anime che amano rimpinzarsi di patatine fritte sul divano guardando il loro reality preferito in prima serata e passiamo all'altro nemico, il format televisivo.
Proprio per il fatto che la televisione viene molto seguita in Italia, a nessun italiano è potuta sfuggire la notizia della tragica morte del cantautore bolognese Lucio Dalla, avvenuta il primo marzo 2012.
Ebbene lo stesso Lucio Dalla nel 2007 rilasciò un'intervista al programma televisivo TV Talk in cui ribadiva che l'uomo ha lottato per anni e anni cercando di conquistare un pò di beneamata libertà e la logica televisiva sovverte tragicamente questa conquista imponendo schemi e time-line che, seppur necessari in qualche misura, sono diventati eccessivi nella loro eccessiva rigidità.
In televisione manca qualsiasi tipo di spontaneità, qualora dovesse accadere qualcosa di imprevisto riusciamo a leggere il terrore il più delle volte nei visi dei nostri impavidi conduttori e questo è un elemento che dev'essere rivisto, smussato. Se i nostri signori sulla poltrona amano tanto guardare i reality è forse perchè cercano un anelito di vita reale in essi (che manca comunque, ma questa è un'altra storia!), quindi che dire se un pò di questa vita reale venisse trasferita anche in programmi con contenuti ben diversi dai reality show, programmi di informazione, di cultura generale dove al posto di domande e risposte preparate a tavolino si instauri un dialogo genuino, una sana dialogicità?! A questo punto potrebbe darsi che lo scontro sul campo di battaglia diventi semplicemente un incontro, fruttifero ed edificante.
"Ma la televisione è questa e non si può sfuggire alle sue regole!". Se dobbiamo sempre per forza vedere le cose da questo punto di vista di immobilità, allora tanto vale anche solo provare a parlarne.
Fondamentalmente, da quando in un'abitazione del "dopo miracolo" il 49% delle famiglie italiane poteva ormai vantare la presenza di un televisore nel suo confortevole salottino fino ad ora, il paradigma della televisione si potrebbe riassumere in questa frase: allargare la mente per poi distruggerla.
Voi, soprattutto voi che state ai piani alti, pensate ad essere elastici, non distruttivi.

VIC

Ah, io sarei lo stronzo
quello che guarda troppo la televisione!
Beh, qualche volta lo sono stato
L'importante è avere in mano la situazione

domenica 26 febbraio 2012

L'invidia è il peggiore dei vizi. Hanozri diceva che la codardia lo era.

Non sono certo qua a dire che sulle persone non ci si può fare più di tanto affidamento perché siamo nel 1750 e sappiamo quanto il riflesso divino sia in loro preponderante.
Però quante sciocchezze, quanta sciocchezza Dio mio! Perché poi?
Le persone fanno cagare spesso, mi sento male ad usare certe espressioni poco settecentesche, però vanno usate. Le persone fanno cagare e un pò di linguaggio folkloristico deve pur trovare un suo posticino nel mondo.
Certe sempre "persone", pensate, ci riempiono addirittura gli scaffali. Pensate un pò.
Non si tratta certo di misantropia spicciola, ma le persone fanno cagare e dall'avere qualche reticenza nell'affermarlo, ora è già la terza volta che lo ripeto e così si rispettano anche le convenzioni dell'epica.
Mi comprendo nell'insieme. U.
Io, per esempio, qualora quando abbia promesso a me stessa di restare a dieta, non riesco mai a controllarmi nell'ingerenza di calorie in eccesso quando mi ritrovo davanti un bel tortino di cioccolato dal cuore caldo, ma questa è tutta un'altra storia.
Ho un modo di ragionare molto semplice, perdonatemi. Le persone si ritrovano nella sopra citata condizione ontologica, cioè fanno c., perché prima o poi tuo padre o il tuo migliore amico, o il tuo panettiere di fiducia o il tuo amante di fiducia, o il prete che cerca verso Dio di indirizzare la tua fiducia, chiunque, purtroppo chiunque prima o poi lo farà di farti qualche bastardata, lo farà di farti sentire, tanto per esagerare un pò, l'ultimo verme sulla Terra. E allora quanta amarezza! Che amarezza mi coglierà, ti coglierà, dall'amarezza saremmo un tutt'uno in un trionfo di unione negativa. Maledetti esseri umani!
Chissà poi se esiste un luogo altamente sicuro, perpetuamente anti-bomba, un luogo da identificare in un'altra persona in cui rifugiarsi quando scoppia la terza guerra mondiale.
Le persone preferiscono andare da sole_"Preferisco andare da sola"_ le persone preferiscono di gran lunga i soldi anche quando poi non fa una grande differenza_"Sono stanco di spendere soldi, mantenere un cane costa"_seppelliamo i soldi nella tomba, cazzo! Le persone invecchiano coi loro soldi.
Però

però

avete visto Zelig? Zelig, di Woody Allen, 1983. Se l'avete già visto non vi dispiacerà ricordare l'ultima frase, anche quella molto semplice, l'antica questione:

In fin dei conti, non fu l'approvazione delle masse, ma l'amore di una donna, a cambiare la sua vita.
FINE

VIC


venerdì 24 febbraio 2012

YOU GIVE ME SOMETHING THAT NOBODY ELSE CAN GIVE

Che la morte sia qualcosa di tragico la vita quotidiana lo testimonia ogni giorno.
Gran parte della vita letteraria cerca di persuaderci del contrario da secoli e secoli.
Di fronte a quella frase che termina con una V puntata


"I don’t think two people could have been happier than we have been. V."


vedo cessare qualsiasi tragedia e riconosco la bellezza di un amore ricercato, conosciuto, apprezzato e poi lasciato andare quando il momento giusto è arrivato.

Bhè?!
Pensieri che valgono come un pain au chocolat addentato e poi miseramente abbandonato su un lungo tavolo di legno situato da qualche parte in America, magari nel parco di Yellowstone, da una ragazzina che non voleva rischiare di diventare troppo grassa.






VIC

PRELUDIO II, HATEFUL



I don't have many friends, not the living, breathing sort at any rate. And I don't mean that in a sad and lonely way; I'm just not the type of person who accumulates friends or enjoys crowds. I'm good with words, but not spoken kind; I've often thought what a marvelous thing it would be if I could only conduct relationships on paper. And I suppose, in a sense, that's what I do, for I've hundreds of the other sort, the friends contained within bindings, pages after glorious pages of ink, stories that unfold the same way every time but never lose their joy, that take me by the hand and lead me thorugh doorways into the worlds of great terror and rapturous delight. Exciting, reliable companions - full of wise counsel, some of them - but sadly ill-equipped to offer use of a spare bedroom for a month or two.




(My picture)




Kate Morton

sabato 21 gennaio 2012

Discorso sulla gravità, la quale è dolorosamente inadeguata alla realtà.

Confessione puramente rabelesiana dello sterniano Yorick, confessione che può servire da epigrafe per la storia della più importante linea stilistica del romanzo europeo, quella umoristica.

" Per quanto ne possa giudicare io, all'origine di tutto quel Fracasso doveva esserci un infelice connubio di umori. Perché, a dire il vero, Yorick aveva un invincibile avversione per la gravità. Non per la gravità in sé, ché all' occorenza sapeva essere il più grave e serio dei mortali per giorni e settimane di fila; ma per l'affettazione della gravità. Di questa era nemico dichiarato, perché gli sembrava che facesse di mantello all'ignoranza e alla follia; quindi, per quanto protetta e munita essa fosse, in qualunque occasione egli vi s'imbattesse, non le dava quartiere.
Delle volte, nel suo bizzarro modo di esprimersi diceva che la gravità era una briccona matricolata, tanto più pericolosa perché astuta, e affermava di credere sinceramente che più gente onesta e benintenzionata era frodata dalla gravità in un anno, che non da tutti i piccoli mariuoli e tagliaborse in sette.
A chi può far danno un uomo schietto e allegro se non a se stesso? Gravità, invece, significa calcolo e disegno, quindi inganno. Tutti conoscono il vecchio trucco di farsi attribuire più saggezza e cultura di quanta se ne possegga in realtà. Ma le finzioni e gli artifici, affermava Yorick, non possono rendere la gravità migliore, bensì peggiore di come l'ha definita, molto tempo fa, uno spirito francese, cioè un misterioso portamento del corpo per coprire i difetti dell'animo. Definizione che, quell'imprudente giungeva a dire, meritava di essere scritta in lettere d'oro."

Estratto contenuto in Bachtin, La parola nel romanzo

martedì 3 gennaio 2012

domenica 1 gennaio 2012

CAPO DOWN PROFILE CADO

Amami subito e fanculo le attese.
Amami nonostante le disilluse circostanze
e Freud, il viennese.
Dimmelo, insieme ai pro e ai contro
che abbiamo elaborato a torto
sulla riva della poz
za mangiando una pizza d'asporto,
Ma se ti dico 'mi manchi' e tu ti lavi le mani,
sarà dura arrivare a domani.

se non mi ami
crederò meno a ciò che ora mi morde di più nella vita.
Una margherita.

VIC