venerdì 30 aprile 2010

La realtà crea interferenza con veleno


Le cose belle hanno una loro natura tutta strana, tutta particolare e ci viene da imprecare. La bellezza è la cosa più malvagia del mondo, più malvagia del vecchio Lucifero.
Non ho voglia di morire in braccio a questa città circondata da sudate carte ascoltando These taming blues, non ho voglia di essere così vulnerabile di fronte a ogni cosa che mi viene detta. Siamo circondati dalle persone che non ci sono e come funziona questa cosa ancora non l'ho capito. Mi basterebbero un'ora, due, anche cinque minuti in realtà.
Cosa sono questi odiosissimi scompensi emozionali, lì tra arterie, vene, ventricoli, condotti lacrimali?! Non sto per avere un bambino, sto per avere un esame. Metto l'università al primo posto, studio e basta, quanto ci vuole?!
Ma mi manchi, cazzo. Mi manchi in modo osceno e volgare. Che ormai i pavimenti sono stati tutti rigurgitati, ora non so più se vivo in un appartamento di due metri quadri o veleggio per l'aere infinito pieno di strade con divieto di accesso. Mi manchi che non so più a chi dirlo, perchè dirlo, ai palazzi verdi di questa città e ai suoi alberi grigi, ai sani di mente che urlano alle fermate del tram la loro miseria e ai pazzi incravattati che escono dalle banche con le loro valigette scure.
Non è che spero, è solo che mi manchi e una parola di sei lettere alla fine poi non lo esprime neanche tanto bene.
Perchè vedi, 'anche se non c'è miele, mi viene dolce', dolce, veramente troppo dolce.

martedì 27 aprile 2010

lunedì 26 aprile 2010

L'educazione non prevede che cosa?

Praticamente non studio. Praticamente ho sei libri da studiare, in sette giorni. Cazzo! Praticamente non so da che parte prendere e con che coraggio mi presenterò, perchè per farlo lo farò di sicuro.
Gli racconterò di come sono stata in queste ultime settimane e gli dirò che pensavo di andare a Follonica anzichè studiare la sua cazzutissima materia.
La cosa buffa è che non sto studiando, ma faccio le 'pause studio', perchè le 'pause studio' sono sempre una cosa piacevolissima. Le riempio leggendo cose, immedesimandomi in cose, in quei linguaggi artistici prodotti da altri che io sfrutto come degli schiavi filippini. E' bello, perchè almeno una cosa l'ho imparata, cioè che il codice linguistico è pluripotenziale (che novità!) e tra le tante simpatiche cose che può fare c'è creare mondi impossibili (oh yes, si pensi all'uso letterario della lingua...). E' meraviglioso, non c'è il limite dell'esistente, non vi è un campo di esperienze stabilite a priori. E' tutto ciò ed altro che mi ha sempre fatto amare visceralmente la lingua.
Ecco, tra le tante cose lette nelle mie pause studio, c'era anche questa:

Ha 38 anni...Lui pensa che da qualche parte, nel mondo, incontrerà un giorno una donna che, da sempre, è la sua donna.
Ogni tanto si rammarica che il destino si ostini a farlo attendere con tanta indelicata tenacia, ma col tempo ha imparato a considerare la cosa con grande serenità.
Quasi ogni giorno, ormai da anni, prende la penna in mano e le scrive.
Non ha nomi e non ha indirizzi da mettere sulle buste; ma ha una vita da raccontare.
E a chi, se non a lei?
Lui pensa che quando si incontreranno sarà bello posarle sul grembo una scatola di mogano piena di lettere e dirle:
Ti aspettavo.
Oceano di mare
Alessandro Baricco
Non vi ha almeno un pò riscaldato il cuore?

L'mbrunire. l'alba. e tutto il resto


" Che giunga eterna
la Felicità"
Qualsiasi cosa accada, in qualsiasi modo, in qualsiasi luogo, anche Follonica.
Basta che ci sia quella.

Abbey Road


Dreams are my reality, a wondrous world where I like to be
I dream of holding you all night
and holding you seems right
perhaps that's my reality.

sabato 24 aprile 2010

venerdì 23 aprile 2010

Siamo indignati


" Vorrei tanto rivederti.

E portarti con me in posti orrendi".

TU NON PUOI CAPIRE QUELLO CHE PER ME...


Tu avrai di me solo la parte più superficiale e incosistente.
Avrai qualche briciolo d'ispirazione ogni tanto, e comunque ti resterà solo l'involucro. Mi raccomando distruggi anche quello, magari gettandomi addosso quelle frasi tue per lei.
E' quello che mi hai chiesto di fare. Sono le regole che mi hai prescritto come dei comandamenti divini senza forse neanche rendertene conto.
Avrai qualche risata al mattino e qualche risata prima di addormentarti, ma non serviranno a niente. La neutralità non serve niente.
Avrai la mia indifferenza di fronte a qualsiasi cosa abbia un qualche valore. E' davvero quello che mi hai chiesto di fare.
Fumare sigarette in serenità e parlare del nulla, che splendido modo di andare avanti. Ma deve andarmi bene.

Lo sai che qui a Milano non si piange mai.

RETRO














I was looking back in the past this morning, being even a little envious.

giovedì 22 aprile 2010

Passion is the secret




"I love you as certain dark things are to be loved
in secret, between the shadow and the soul".

JEWELLERY


Si capiscono delle cose quando si arriva ad essere non così totalmente fucked up. com'ero io.
Innanzitutto come è divertente stare con la tua migliore amica su una cazzo di panchina di un cazzo di palazzo verso la fine di un ancor più cazzuto Aprile a fare le attrici di telenovelas sudamericane recitando il mio copione a cui non abbiamo ancora voluto dare un nome, con la moltitudine di diverse etnie lì intorno che saranno state ad ascoltare, probabilmente sudamericani compresi. E ridere, ridere, ridere.
Poi come è bello sentirsi amati da qualcuno che ti accetta incondizionatamente, tipo Vasco Brondi, il mio amato Vasco, quando sussurrava "con me non devi essere niente" e, tra le varie cose, mi faceva piangere. E' assolutamente perfetto. Va bene essere incazzata, lunatica, aggressiva, sarcastica, cinica, triste, malinconica, egoista, tremendamente immorale, così come essere allegra, ottimista, piena di odiosissima vita, entusiasta e partecipe. Va bene perchè qualsiasi cosa sono sempre io.

venerdì 16 aprile 2010

20 Winston Blue


" E tornino a scoppiare a ridere
le nostre madonne bulimiche"

AIN'T YOU STILL SWEET TONIGHT?


Le notti in cui ti scoleresti fino all'ultima goccia di una qualsiasi bottiglia di qualsiasi cosa di alcolico. Anche quelle ero io. Avere scoperto l'Amore in modo così brutale. Che neanche ad essere in Russia a meno venti gradi forse avrei tremato così tanto. Su una stupida panchina di uno stupido palazzo nel bel mezzo di uno stupido Aprile. Capire di avere amato finalmente. E non volerlo mai voluto fare perchè non c'era niente di quello che mi era stato raccontato nei film Disney. C'era solo la voglia di qualcosa di violentemente materiale che potesse scacciare via quella sensazione del tutto inconsistente di chi ti ha appena strappato via anche il valore del tuo dolore. Niente di poetico. A quanto pare l'Amore assomiglia a fumi infernali intrisi di egoismo e della voglia di essere felici. Il mio amore. E' accecamento, è passione, è qualcosa di cui senti di non poter fare a meno e intanto distrugge tutto ciò che di più caro hai, distrugge il resto dei rapporti umani, li domina. Deprime la tua sofferenza agli occhi degli altri, facendola sembrare un misto di volgarità e ipocrisia. Questo è stato il mio Amore, il mio primo grande Amore. E' stato perfino l'assenza di trovare del coraggio per difenderlo, per difendermi. In che razza di cosa mi ha trasformato? Cosa mi ha fatto provare? Volevo solo sentirmi veramente felice, volevo sentirmi, ed ora quello che realmente sento è che anche questo desiderio è stato una colpa, non era lecito perchè non collimava con la realtà. Gran bel risultato. Avere provato questa grande passione per la persona più sbagliata e ora mi sento sbagliata io: inutile, inutile, inutile. Ad avere i tremori mentre sto seduta su una cazzo di panchina di un cazzo di palazzo di una metà di un ancor più cazzuto Aprile.
A sentirmi inutile ed egoista. Probabilmente anche scrivere questo è sintomo di egoismo, ma non sono nata con l'atarassia nel sangue. Non sapevo come si faceva ad aprire gli occhi quando eri lì nel bel mezzo della tempesta. Giuro che non lo sapevo.

giovedì 15 aprile 2010

Tratto da una storia vera. Mi scuso per il mancato copywright.


Scrivo copioni per le telenovelas melodrammatiche che trasmettono nell'America del Sud dove ci sono attori malpagati e ragazze con pochi orizzonti pronte a immedesimarsi nelle scene.

C'erano un ragazzo e una ragazza. Questo ragazzo e questa ragazza erano molto amici. Si erano conosciuti per un caso fortuito a Londra. Si erano ritrovati nello stesso ostello. Si erano ritrovati a condividere per lo più le stesse passioni. Si erano ritrovati a portare avanti questo legame e a farlo accrescere anche una volta ritornati in Italia, ognuno nei loro paesi. Duecento chilometri circa li distanziavano. Questa ragazza è particolare. Non mi viene in mente nessun altro aggettivo particolarmente accattivante. Questa ragazza non ha neanche mai creduto particolarmente in un'amicizia così profonda tra uomo e donna, ma l'ha fatto finchè le è sembrato opportuno. Questo ragazzo era impegnato con un'altra. Passano gli anni. Passano tre anni. Lei è cambiata e non le sembra più opportuno credere. Lui passa un momento difficile perchè le cose con la sua ragazza non vanno più molto bene. Si lasciano. Lei non ce la fa più, si sente implodere. Deve dirglielo, deve dirglielo che lo ama. Perchè non si aspetta niente, ma in fondo l'unica cosa che desidera è di trovarsi dentro una favola. E io l'ho messa dentro a una lurida telenovelas. Faceva bene a non aspettarsi niente. Lui le vuole tanto bene, lui le dice che è la sua ancora di salvezza, lui le dice che non vorrebbe mai perdere quest'amicizia così speciale, i ricordi, i ricordi sono importanti. Lei non si ricorda più niente, si ricorda solo ogni tanto di sentirsi vuota e insoddisfatta e forse lo chiama L.O.V.E. Lui sta passando ancora il suo momento difficile. Lei, pur di non perdere anche quella briciola nel vuoto, lascia perdere qualsiasi orgoglio, praticamente lo fa a pezzi. Stanno passando entrambi dei momenti difficili, per dei motivi opposti in modo ridicolo per potere andare d'accordo ancora se non fingendo. Lui mette la loro foto che significa: bel ricordo. Lei la vede e piange perchè piange di continuo in questi giorni, piange anche guardando i Simpsons alla tv. Figuriamoci per le foto dei bei ricordi andati a male. Solo che a volte non si riesce. Ad annullarsi del tutto, dico. Per fortuna. Allora ho deciso di ripristinare il suo orgoglio, ma tuttavia di farle credere che l'Amore non sia altro che un'invenzione dei creatori di cartoline, un pò come San Valentino.
Ecco qui stavano parlando di quella foto; lui, a questo punto della storia, si è lasciato da tre/quattro mesi con la sua ragazza e forse si rimetteranno insieme. Non si è ancora deciso come si concluderà la telenovela.

A: Dovresti cambiarla quella foto.
B: Immaginavo.
A: Sì infatti, non avresti proprio mai dovuto metterla.
B: Ecco l'ho cambiata, ai tuoi ordini.
A: Senti, è il minimo.
B: Massì stavo scherzando. Non fare la seriosa con me.
A: Sono totalmente a pezzi.
B: Qual è il problema?
A: Parlare con te è come parlare con i muri...
B: Pensavo avessi cambiato argomento.
A: No, mi sento monotona e monodiscorsiva questa sera.
B: Io lo sono da tre o quattro mesi. Allora?!

Allora sai cosa ti dico?! Finiamola così "con una constatazione amichevole. Con una constatazione del nostro NIENTE".

martedì 13 aprile 2010

TEENAGE KICKS. SONO DEL TUTTO ASSENTE.


Pensavo di essere felice. Voglio dire, di avere raggiunto almeno una briciola, almeno quel minimo che basta per essere serena, per guardare qualcosa di stupido in tv e sorridere, per vedere le magnolie in fiore e dire 'Com'è bella la vita!', per appoggiare la testa sul cuscino la notte e riuscire a dormire. Ma non serve, non serve a niente. Anche quelle briciole erano polvere gettata al vento, erano sforzo innaturale. Io non centro niente. Io non sono al centro di niente. E ora il mio cuscino torna a sporcarsi di mascara colato chissà come e chissà quando, ma ancora è tutto inutile. E' giusto lottare per chi ti ama, è totalmente inutile lottare per farsi amare da qualcuno. E' comprensibile cercare dei compromessi per stare accanto alle persone che ami, è deleterio lo sforzo di soffocare il proprio amore solo per essere la loro luce quando si sentono soli. Getterò al vento migliaia di versi di canzoni, di poesie ascoltate e lette con un solo pensiero nella testa, e questi anni passati nella menzogna e tutte quelle parole che per me avevano un senso, per te un altro. E spero li porti lontano, spero che tutto questo amore sprecato possa andare a consolare qualcun altro. E' incredibile come io stia vagando in periferia, da sempre, e non me ne sia mai accorta sul serio. Non c'è niente. Niente. Niente. Assolutamente niente. Grazie.


Loneliness still conforts me.

lunedì 12 aprile 2010

Io vi amo. Vi amo ma vi sputo. Però vi amo tutti.


Secondo Sarte -illustre meastro a cui io devo un nome, una faccia, un modo di esistere- questo stesso concetto di esistenza è ritenuto nient'altro che un paradosso. E ciò in base al fatto che l'uomo è libero di fronte a ogni scelta che decide di intraprendere, ma non è affatto libero di essere libero. Viene gettato nella schermaglia, nella melma del mondo senza di certo averlo chiesto lui stesso o senza avere scelto di farlo, un enorme fardello di libertà gli viene caricato sulle spalle e apparentemente con una tale necessità che ciò non può che creare un ridicolo ossimoro, un'assurdità. L'uomo può scegliere il senso del suo essere, ma non il suo essere stesso, quest'ultimo gli viene imposto. A parere del filosofo l'esistenza non trova altra spiegazione al di là del fatto stesso di esistere, come se l'esistenza in sè in fondo un senso non ce l'abbia affatto, ma solo l'uomo, così intriso di bisogno di avere degli scopi e degli obiettivi, gliela ponga a priori. Ed ecco donde derivino secoli e secoli di metafisica, di dei, religione e battaglie combattute per essa.
Nella Nausea, romanzo risalente al 1938, ancor prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, Sartre crea una sorta di trasposizione letteraria, superba ed elegante, di tale concezione dell'esistenza. Le azioni e soprattutto le riflessioni del protagonista del libro, il professore Roquetin, sono lo specchio dell'assurdità, oserei dire quasi dell'azzardo, che stà alla base delle nostre vite; azzardo che Roquetin scopre gradualmente, secondo la più rigorosa maieutica socratica, in questo suo sentirsi sempre fuori posto e di troppo rispetto alle persone che gli stanno intorno:
" Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'essere lì, nè gli uni nè gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto, si sentiva di troppo in rapporto agli altri".
" La nausea: ecco quello che i Porcaccioni [i borghesi e i soddisfatti di sè]... tentano di nascondersi con il concetto di diritto. Ma che meschina menzogna: nessuno ha diritto: essi sono completamente gratuiti, come gli altri uomini, non arrivano a non sentirsi di troppo. E nel loro intimo, segretamente sono di troppo, cioè amorfi e vacui; tristi".
Fondamentalmente accade questo: che da quando ho acquisito un decente uso del mio essere razionale ancora in piena evoluzione, ho sempre detestato il concetto di borghesia e quello che ai miei occhi tale concetto incarnava, per scelte mie, per determinati orizzonti in cui sono cresciuta o a cui ho deciso di aderire consapevolmente. Oggi può sembrare anacronistica questa parola, può sembrare che manchi di senso come l'esistenza di Sartre, come dire 'comunismo' adesso... eppure ancora ben la si riconosce, striscia, rivive sotto determinati aspetti. In tutte quelle persone così tronfie delle loro cose e allo stesso tempo così inconsapevoli del loro stare al mondo, la cui pretesa acutezza sfiora i confini del ridicolo quando si tratta di entrare nel campo del giudizio perchè, ancora una volta, la loro morale e i loro criteri sono fatti di cose, di soldi, di corsus honorum. Tutti intrisi di contingente e così mancanti di quell'anelito all'assoluto che dovrebbe essere la cifra propria dell'essere umano. Probabilmente non si tratta altro che di spiccio chiacchericcio filosofico, ma ogni giorno vedo questo, come del resto è sempre stato, e ogni giorno, ancora, non lo sopporto, mi deprime, mi fa arrabbiare.
Che vada anche al diavolo il senso dell'esistenza, ma in quei pochi anni spesi su questo mondo che almeno possa alzarmi ogni giorno dalla parte giusta del letto. Ricordando il povero Malcom McLaren, pace all'anima sua, che aveva scelto come slogan di una delle sue prime magliette
Un giorno ti sveglierai e saprai da che parte del letto sei stato sdraiato.
ANTIBOURGEOIS.

venerdì 2 aprile 2010

Se pensi che i miei capelli siano naturali, non è così


Oggi non sono uscita di casa e detesto non uscire di casa per tutto il giorno, ma capita.
E intanto che c'ero, per essere coerente, non sono uscita neanche questa sera. Così.
L'unica cosa notevole che ho fatto è stata guardare 'E così morì con un felafel in mano', uscito nel 2001, scoperto solo in questi giorni purtroppo. Guardare i film è catartico, certi film ovviamente. Questo di sicuro, anzi questo mi ha fatto ridere, umoristicamente ridere nella scena in cui Danny e Sam sono sdraiati insieme sul letto e avviene il seguente dialogo in cui lei chiede:

- Vuoi fare l'amore?
- Scusa?
- Hai capito bene. Delirare, andare fuori di testa.
Non mi trovi attraente?
- Sì certo che ti trovo attraente.
- E allora?
- Ehhh... siamo amici noi due. E con gli amici non si fa sesso, è una delle norme del codice morale dell'amicizia.
- Io non sapevo che esistessero norme del codice morale dell'amicizia.
- Oh sì esistono, eccome se esistono. Non si fa sesso con gli amici, non si fa sesso con la donna degli amici, non si piscia nelle loro macchine. E' roba da statue di sale, succedono Sodoma e Gomorra.
- Vecchio testamento.
- Sì esatto. Piaghe, pestilenza, rane che piovono dal cielo, quella roba lì.
- Non è il massimo vero.
Io avevo solo bisogno di sentirmi amata...
- Io solo di sentirmi.

Poi però si baciano lo stesso, perchè lei non riesce a uccidersi correttamente e, dopo essersi baciati, fanno anche sesso perchè difficilmente può finire solo con un bacio.
Ecco.

Chissà perchè diavolo mi sono messa a guardare questo stupido film e non sono uscita per tutto il giorno, neanche stasera. Questo mondo infame in cui i desideri non trovano riscontro nella realtà.
Certo che
Quanto fanno male a volte i ricordi porcaputtana. Dovrete tutti concordare su questo, è così banale. Specie certi ricordi, ricordi di momenti di piacere al condizionale, di attimi lasciati andare.
Quanto fa male a volte l'immaginazione porcaputtana.

giovedì 1 aprile 2010

Francavilla al Mare 1888



Chi era ella mai?
Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo. La sua facoltà precipua, il suo asse intellettuale, per dir così, era l'imaginazione: una imaginazione romantica, nudrita di letture diverse, direttamente dipendente dalla matrice, continuamente stimolata dall'isterismo. Possedendo una certa intelligenza, essendo stata educata nel lusso d'una casa romana principesca, in quel lusso papale fatto di arte e di storia, ella erasi velata d'una vaga incipriatura estetica, aveva acquistato un gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere della sua bellezza, ella cercava, con finissime simulazioni e con una mimica sapiente, di accrescerne la spiritualità, irraggiando una capziosa luce d'ideale.
Ella portava quindi, nella comedia umana, elementi pericolosissimi; ed era occasion di ruina e di disordine più che s'ella facesse publica professione d'impudicizia.
Sotto l'ardore della imaginazione, ogni suo capriccio prendeva un'apparenza patetica. Ella era la donna delle passioni fulminee, degli incendi improvvisi. Ella copriva di fiamme eteree i bisogni erotici della sua carne e sapeva transformare in alto sentimento un basso appetito...
Così, in questo modo, con questa ferocia, Andrea giudicava la donna un tempo adorata. Procedeva, nel suo esame spietato, senza arrestarsi d'inanzi ad alcun ricordo più vivo. In fondo ad ogni atto, a ogni manifestazione dell'amor d'Elena trovava l'artifizio, lo studio, l'abilità, la mirabile disinvoltura nell'essere un tema di fantasia, nel recitare una parte dramatica, nel combinare una scena straordinaria. Egli non lasciò intatto alcuno de' più memorabili episodii: nè il primo incontro al pranzo di casa Ateleta, nè la vendita del cardinale Immenraet, nè il ballo dell' Ambasciata di Francia, nè la dedizione improvvisa nella stanza rossa del palazzo Barberini, nè il congedo su la via Nomentana nel tramonto di marzo. Quel magico vino che prima lo aveva inebriato ora gli pareva una mistura perfida.
Ben però, in qualche punto, egli rimaneva perplesso, come se, penetrando nell'anima della donna, egli penetrasse nell'anima sua propria e ritrovasse la sua propria falsità nella falsità di lei; tanta era l'affinità delle due nature. E a poco a poco il disprezzo gli si mutò in una indulgenza ironica, poichè egli comprendeva. Comprendeva tutto ciò che ritrovava in sè medesimo.

da Il piacere
Gabriele D'Annunzio