lunedì 31 maggio 2010

Demone, come cadi bene


La giovinezza, il suo clichè, il fascino. nella bellezza vigorosa dei nostri corpi più o meno immaturi, lì nei nostri sogni e nei nostri desideri che ancora bruciano senza sgualcirsi, nell’illusoria persuasione di avere tempo. poco tempo in noi, tanto davanti a noi. Sta nelle strade che riserviamo di scegliere solo in un tempo indeterminato e intanto ci circondano.
La sua condanna. ritenere fondamentale per la nostra esistenza qualsiasi minuzia, si fa sentire quando qualsiasi scelta potrebbe metterci in croce o, al contrario, condurci alla massima beatitudine e solo dopo ci accorgiamo che non significa niente. Così ogni bisogno di conquista, ogni bisogna di certezza, di possedere. Di possedere un amore, di possedere un futuro, un corpo, un martini senza ghiaccio, l’estasi sublime della gioia del momento, sempre. La condanna di vedere un tramonto seduti su un prato e volere piangere per quanto è bello, perché quello non lo possiamo catturare. L’ansia di leggere un libro, una poesia, delle parole, sì sono solo parole, eppure ci vediamo ritratti noi, ci sentiamo privati di un pezzetto di anima che uno sconosciuto ha saputo racchiudere entro quei confini così precisi e così indefiniti, come un demone entro ogni lettera. Nello stesso tempo.
E come le due dimensioni si intersecano, si rincorrono, si uccidono a vicenda, l’una per sovrastare l’altra, ancora, ancora, ancora, senza appagamento. Desiderando di avere vent’anni per sempre, perché è come se fossimo fatti d’oro, siamo preziosi e questa preziosità ci è cara, non la vorremmo mai sciupare per darla in pasto alla vita reale, per farla stuprare dalla sua prosaicità. Dalla volgarità di questi tempi ingloriosi. Avere vent’anni per sempre, i giorni non passano, fra poco non sarà un anno in più passato a decifrare parole. Solo giorni senza tempo, la ciclicità sapore di tempi antichi e sacrali. Per sempre avere vent’anni e non avere bisogno di dormire,non averne bisogno rigirandosi continuamente tra le coperte sognando quel connubio perfetto composto di melodie senza note. Solo vigorosa bellezza. E asfodeli colorati su di un manto verde, sedersi tra gli asfodeli e ridere di Bartleboom. Essere leggeri.
Catturerai quel grande pesce, arriverà il momento di perderti nel tuo mare.

Ma ora - ora – voglio essere estremamente leggera.
W/Love
Monique

MOpe part.2


... un'intera notte passata a restituirsi la vita, l'un l'altra, con le labbra e con le mani, una ragazzina che non ha visto nulla e un uomo che ha visto troppo, uno dentro l'altra - ogni palmo di pelle è un viaggio, di scoperta, di ritorno - nella bocca di Adams a sentire il sapore del mondo, sul seno di Elisewin a dimenticarlo - nel grembo di quella notte stravolta, nera burrasca, lapilli di schiuma nel buio, onde come cataste franate, rumore, sonore folate, furiose di suono e velocità, lanciate sul pelo del mare, nei nervi del mondo, oceano mare, colosso che gronda, stravolto - sospiri, sospiri nella gola di Elisewin - velluto che vola - sospiri ad ogni passo nuovo in quel mondo che valica monti mai visti e laghi di forme impensabili - sul ventre di Adams il peso bianco di quella ragazzina che dondola musiche mute - chi l'avrebbe mai detto che baciando gli occhi di un uomo si possa vedere così lontano - accarezzando le gambe di una ragazzina si possa correre così veloci e fuggire - fuggire da tutto - vedere lontano - venivano dai due più lontani estremi della vita, questo è stupefacente, da pensare che mai si sarebbero sfiorati, se non attraversando da capo a piedi l'universo, e invece nemmeno si erano dovuti cercare, questo è incredibile, e tutto il difficile era stato solo riconoscersi, riconoscersi, una cosa di un attimo, il primo sguardo e già lo sapevano, questo è meraviglioso - questo continuerebbero a raccontare nelle terre di Carewall, perchè nessuno possa dimenticare che non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, mai - lontani abbastanza - per trovarsi -.
*
...forse il mondo è una ferita e qualcuno la sta riconducendo in quei due corpi che si mescolano - e nemmeno è amore, questo è stupefacente, ma è mani, e pelle, labbra, stupore, sesso, sapore - tristezza, forse - perfino tristezza - desiderio - quando lo racconteranno non diranno la parola amore - mille parole diranno, taceranno amore - tace tutto, intorno.
*
E' la musica che è difficile, questa è la verità, è la musica che è difficile da trovare, per dirselo, lì così vicini, la musica e i gesti, per sciogliere la pena, quando proprio non c'è più nulla da fare, la musica giusta perchè sia una danza, in qualche modo, e non uno strappo quell'andarsene, quello scivolare via, verso la vita e lontano dalla vita, strano pendolo dell'anima, slavifico e assassino, a saperlo danzare farebbe meno male, e per questo gli amanti, tutti, cercano quella musica, in quel momento, dentro le parole, sulla polvere dei gesti, e sanno che, ad averne il coraggio, solo il silenzio lo sarebbe, musica, esatta musica, un largo silenzio amoroso, radura del commiato e stanco lago che infine cola nel palmo di una piccola melodia, imparata da sempre, da cantare sotto voce.

domenica 30 maggio 2010

MOpe


Dentro il mare. C'era da non crederlo. L'appestato e putrido mare, ricettacolo di orrori, e antropofago mostro abissale - antico e pagano- da sempre temuto e adesso, d'improvviso
t'invitano, come a una passeggiata, ti ordinano, perchè è una cura, ti spingono con implacabile cortesia
dentro il mare. E' la cura alla moda, ormai. Mare preferibilmente freddo e fortemente salino e mosso, giachcè l'onda fa parte integrante della cura, per ciò che di temibile porta con sè, tecnicamente da superare e moralmente da dominare, in una sfida paurosa, a ben pensarci, paurosa. Tutto nella certezza - diciamo nella convinzione - che il grande grembo marino possa spezzare l'involucro della malattia, riattivare i canali della vita, moltiplicare il salvifico secernere delle ghinadole centrali e periferiche
linimento ideali per idrofobi, malinconici, impotenti, anemici, solitari, malvagi, invidiosi,
e pazzi. Come il pazzo che portarono, a Brixton, sotto lo sguardo impermeabile di dottori e scienziati, e immerso di forza nell'acqua gelata, squassata dalle onde, e poi tirato fuori e, misurate reazioni e controreazioni, di nuovo immerso, con la forza, beninteso,
otto gradi centigradi, la testa sotto l'acqua, lui che riemerge come un urlo e la forza animale con cui si libera di infermieri e addetti vari, tutti nuotatori esperti, ma non serve a nulla contro il cieco furore dell'animale, che scappa- scappa - correndo nell'acqua, nudo, e gridando il furore di quella pena micidiale, la vergogna, il terrore. Tutta la spiaggia gelata dal turbamento, mentre quell'animale corre e corre, e le donne, da lontano, girano lo sguardo, benchè certo vorrebbero vedere, eccome vorrebbero vedere, la bestia e la sua corsa, e, diciamolo, la sua nudità, proprio quella, la sconnessa nudità che brancola nel mare, addirittura bella in quella luce grigia, di una bellezza che perfora anni di santa educazione e colleggi e rossori e dritta va dove deve andare, su per i nervi di timide donne che nel segreto di gonne enormi e candide
le donne. Il mare sembrava, tutto d'un tratto, averle aspettate da sempre. A credere ai medici, stava lì, da millenni, perfezionandosi pazientemente, nell'unico preciso intento di offrirsi come unguento miracoloso da offrire alle loro pene, dell'animo e del corpo. Così come andavano ripetendo in salotti impeccabili, a mariti e padri impeccabili, gli impeccabili dottori, sorseggiando tè, e misurando le parole, per spiegare, con paradossale cortesia, che lo schifo del mare, e lo choc, e il terrore, era, in vero, serafica cura, per sterilità anoressie, sfinimenti nervosi, menopause, sovraeccitazioni, inquietudini, insonnie. Ideale esperienza per sanare i turbamenti della giovinezza e preparare alla fatica dei muliebri doveri.

venerdì 28 maggio 2010

Ho ritagliato la faccia di Bulgari


Non potete capire che ansia mi mettono quelli che dicono di 'vivere la vita fino in fondo'.
Ma che stracazzo vuol dire?
A.N.S.I.A.
Io lo so a cosa mi ridurrò. Fra qualche anno, pochi anni, entrerò in una stramaledettissima libreria di Como -perchè probabilmente nel frattempo sarò tornata a vivere a Eupilio, ma a Eupilio propriamente di librerie non ce ne sono- entrerò, e andrò là, nella sezione psicologia, nella sezione 'ritrova fiducia in tè stesso' , nella sezione 'ecco dove sei finito brutto sfigato' e spenderò quasi sicuramente più di dieci euro per un libro che avrà come titolo 'Getta l'ansia fuori dalla tua porta e fà rientrare la vita'. Speriamo ci sia anche un cd new-age, sapete di quelli soft/di tendenza in allegato con il capolavoro artistico-letterario che andrà ad arricchire la mia biblioteca, messo proprio lì, tra "I Miserabili" e "L'idiota".
E tutto ciò per colpa di quegli stronzi che dicono di vivere la vita fino in fondo, appieno, facendo indigestione di serotonina (o di polpettone e patate arrosto o di torta al cioccolato o di cocaina o di benzedrina).
Vivete la vostra vita fino in fondo, ve lo raccomandano.
Ci manca solo che diventi proprio io l'autrice 'Getta l'ansia fuori dalla tua vita', poi sarei davvero pronta per il mio incontro con Lucifero, ex-angelo disceso dal cielo.
No! No! No! No! Non è così che funziona. Non vivete la vostra maledettissima vita fino in fondo, amatela fino in fondo, amatela e ascoltate Caterina Caselli. Insieme a te non ci sto più, quella persona non sei più, quella persona non sei tu.

giovedì 27 maggio 2010

Che stracazzo centra la foto della sirenetta?!


Fu una sconfitta schiacciante ma mi mise ferro nella schiena e zolfo nel sangue. Almeno sapevo cosa significava fallire. Sapevo cosa significare tentare una cosa grossa.

Non puoi fare un cielo nuovo, una terra nuova, coi "fatti". Non ci sono "fatti" – c’è solo il fatto che l’uomo, ogni uomo in ogni parte del mondo sta per essere investito da una missione. Alcuni prendono la via lunga, altri la breve. Ogni uomo elabora il proprio destino e nessuno può essergli d’aiuto, se non con la sua gentilezza, generosità, pazienza.

Scrivere, meditai, deve essere un atto privo di volontà. […] L’uomo scrive per liberarsi del veleno che ha accumulato con il suo modo falso di vivere. […] Nessuno metterebbe una sola parola sulla carta se avesse il coraggio di vivere ciò in cui crede.

Maestri, li chiamavano i critici. Mestieranti, certamente. … non si può nascondere la propria identità sotto la maschera della terza persona, né stabilire la propria identità soltanto con l’uso della prima persona singolare.

da Henry Miller
Una tortura silenziose - Pagine sull'arte dello scrivere

LAST TANGO IN PARIS


LA SOLITUDINE PUO' ESSERE UNA TREMENDA CONDANNA O UNA MERAVIGLIOSA CONQUISTA

Bernardo Bertolucci

mercoledì 26 maggio 2010

It's preraphalism baby




Le meraviglie che furono agli inizi della letteratura italiana.
Dalle Epistole, Ascesa al monte Ventoso:

Ciò che ero solito amare, non amo più; mento: lo amo, ma meno; ecco, ho mentito di nuovo: lo amo, ma con più vergogna, con più tristezza; finalmente ho detto la verità. E' proprio così: amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia, ma contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza. In me faccio triste esperienza di quel verso di un famosissimo poeta: "Ti odierò, se posso; se no, t'amerò contro voglia".

Contro voglia. Contro corrente. Contro ogni principio.

martedì 25 maggio 2010

Amo (da pesca)


Fare l'amore così, la notte che lui tornava, era un pò più bello, un pò più semplice, un pò più complicato che in una notte qualunque. C'era di mezzo qualcosa come lo sforzo di ricordarsi qualcosa. C'era di mezzo un sottile timore di scoprire chissachè. C'era di mezzo il bisogno che fosse comunque bellissimo. C'era di mezzo una voglia un pò impaziente, un pò feroce, che non c'entrava con l'amore. C'era di mezzo un sacco di roba
...
Il sesso cancella fette di vita che uno nemmeno si immagina. Sarà anche stupido, ma la gente si stringe con quello strano furore un pò panico e la vita ne esce stropicciata come un bigliettino stretto in un pugno, nascosto con una mossa nervosa di paura. Un pò per caso, un pò per fortuna, spariscono nelle pieghe di quella vita appallottolata mozziconi di tempo dolorosi o vigliacchi, o mai capiti. Così.

Alessandro Baricco
"Castelli di rabbia"

Licenze licenziose e triviali


Sono un cazzo di pezzo di legno, ebano proveniente dal cuore della foresta pluviale, che brucia e brucia consumandosi, emettendo..bhè non so esattamente quali sostanze chimiche emette il legno che brucia, ma senz'altro quelle. E -dicevo- brucio, ma non produco neanche la benchè minima scintilla, brucio a vuoto, come certi contenitori sfigati. Ed è ridicolo bruciare a vuoto, è ridicolo che un legno si consumi e poi non pruduca fiamme e poi non vada a riscaldare il cuore un pò malandato di nessun maledettissimo stronzo su questa terra e poi basta. Gettate le mie ceneri nel Gange quando cenere rimarrò.
Mi sento frustrata quasi come Nick Belane, l'investigato più dritto di L.A., sigla che per taluni starebbe per qualcosa di molto più volgare di Los Angelese, ma non lo dico io, lo dice Charles Bukowski e Charles Bukowski aveva piena licenza di dire stronzate e volgarità e risultare al contempo poetico. Anche io lo trovo poetico.
Ma la poesia a volte trovo che sia veramente inutile, continuo ad amarla nella sua inutilià e non so che farmene se non scrivere parole sconnesse su un foglio di carta ogni tanto. Tanto chi le legge? Tanto non le legge chi le deve leggere. Tanto non sono mica Charles Bukowski. Apri la finestra, siediti su una sedia cigolante, fumati tante sigarette e guardala tutta questa ordinaria follia. Stai sdraiato sull'erba di Eupilio, quando ci sono le stelle, fumati ancora tante sigarette e guardala. Cin cin.
Ciò che detesto più di tutto in questa condizione di innamorata del cazzo è che non ho più il controllo di nulla. Felicità e tristezza che diavolo sono, quando lui solo mi può donare l'una e l'altra cosa. Ma la seconda la conosco ben più intimamente, la seconda è mia complice di crimini su carta. E se proverà di nuovo a sfiorare la sua pelle, a ritornare a quel lido di discordia (linguaggio semi-religioso, semi-ellenistico/triviale), se io smetto di gridare illusioni, la mia intima amica si trasformerà in disperazione. Disperare non era forse quello che volevo?! Forse. Non lo so più, so che brucio.

Per il momento no. Ancora no.
Diavolo.
Io non provo niente.
Diavolo.
Io sì. But no words came out.

W/love
Monique

lunedì 17 maggio 2010

No fucking fiction







Ho qualche problema di battiti al pensiero dell'andar via.
Qualche problema nel mantenere dignità, inspirazione, espirazione.
Ho ancora soprattutto qualche problema a fare la spettatrice passiva
nonostante qui dentro sembra che tutto straripi, inondazioni silenziose di umori maligni.
Mentre l'umorismo è partito anche lui, è stato il primo, e chissà quando torna, se torna.
La spettatrice passiva al social network è l'ultima frontiera della frustrazione. Sento che esiste quest'urgenza primaria e necessaria di non volere più vedere video, frasi che in fondo non sono innocui per un cazzo. O un sedativo o la fine dei social network. Andrei per la seconda, sicuramente per la seconda, visto che sono arrivata a farmi condizionare l'umore da bassezze di questo genere.
Non lo sopporto. non sopporto affatto il pensiero che sia normale che ************ (censura) e chi se ne frega delle inondazioni e di tutte le catastrofi ambientali a seguirsi, che ********* (momentanea censura) e non succederà niente, che lo dovrò *********** (momentanea censura 3), normalmente, quando non c'è niente di così 'normale' ora, adesso.
Ma non è affatto la partenza in sè che mi mette ansia, piuttosto, tutto questo mare di nulla che devo affrontare da qui fino a quel momento fatto di conversazioni oziose attraverso apparecchi elettronici. E quel neutrale sentirsi 'bene', come essere nella condizione di uno intontito da una massiccia dose PRECAUZIONALE di antidolorifici. Sì esatto, è proprio questo che non mi va giù: sentirmi 'bene' di quel bene che può provare un drogato a cui venga somministrato del metadone, non lo voglio, sarà buffo, ma voglio disperatamente disperarmi, provare la disperazione vera che giunga da qualcosa di altrettanto vero. Voglio quel qualcosa di grandioso e poi perderlo subito dopo, non mi importa, la moralità e tutti quei discorsi inutili, non mi importa davvero. Voglio disperare. perchè solo così potrò smetterla di sentirmi 'bene'. Voglio disperare, e lo diceva anche Kierkegaard sapete.

Uno dei motivi per cui si scrive in un blog: evitare di pagare un terapista o per lo meno l'illusione che si possa evitare di andare a pagare un terapista.
E c'è di buono che poi uno alla fine può osare quanto vuole e infatti, parlando di social network, mi è venuto da scrivere MEMENTO AUDERE SEMPER, potenziali orientamenti politici ovviamente esclusi.
PS: le parti sottolineate non hanno nessun rilievo particolare.
W/love and despair
Monique

martedì 11 maggio 2010

Che Orfeo ti conduca dove devi andare


"E comunque non ci hanno neanche mai promesso niente. Ho scritto in cielo alcune frasi perchè tu le vedessi, ma c'era un vento feroce e troppi elicotteri.
Sei un pò triste perchè non abbiamo scopato. e le nostre parole erano anidride carbonica. Questo cielo fosforescente e i doppi vetri che non bastano per dimenticarci, i tuoi passi in corridoio tornando dal bagno. Alle porte chiuse dell'Europa. I consumatori e se piangevi era per un calo di zuccheri.
Quando finalmente usciranno le farfalle che hai nello stomaco.
per ritrovare delle parole.
Via, via prima che si ricordino di noi.
Ho incrociato PJ Harvey in aeroporto a Madrid, era molto magra.
Le nostre discussioni sull'origine dell'universo e sulla resina che non va più via dal parabrezza, la macchina parcheggiata per una settimana sotto un albero che sta fiorendo. Delle agenzie spaziali. i danni collaterali non saranno mai i primi a essere presi in considerazione. Ci fischiavano ancora le orecchie perchè i gruppi che hanno suonato avevano i volumi troppo alti o perchè qualcuno ci stava pensando. c'erano dei bagliori in fondo alla strada, ma non riuscivamo a capire se era un temporale o una discoteca. c'erano dei bagliori in fondo alla strada, ma non riuscivamo a capire se era un temporale o una discoteca. c'erano dei bagliori in fondo alla strada, ma non riuscivamo a capire se era un temporale o una discoteca.
E posso darti degli altri soprannomi stupidi per non prenderti sul serio."
Sono certe pagine di certi libri. Come sèmpre.

lunedì 10 maggio 2010

Il pane quotidiano


Quanta meravigliosa pioggia scende intorno a noi, dentro di noi, da noi. Amen.
Piove incessantemente da giorni, piove sulle tamerici salmastre ed arse. Piove sui tetti di Eupilio, la mia prigione, piove sui nostri vestimenti non più così leggieri. Piove sui procioni in amore, sugli aironi cenerini, su la favola bella che ieri mi illuse e che oggi m'illude ancor di più.
Piove e mi ritaglio lo stesso i miei momenti di natura mistica-tantrica-esoterica-collegiale-apollinea. Mettiamoci quanti più aggettivi possibili. E' proprio riempire la vita di aggettivi così estetizzanti che la rende uno schifo. Mi sono messa nel prato, come da folgore illuminata sulle pratora di San Rossore, e ho osservato tutto questo verde rigoglioso, prorompente, tutto intorno e ho pensato a quando avevo cinque anni ed ero una cleptomane, rubavo tutte le borsette dai negozi mettendomele addosso e uscendo indisturbata, a quando a sedici sono andata in Irlanda ed eravamo in quel prato pieno di croci celtiche e sembrava tutto così intriso di magia e mistero, tipo Harry Potter. C'era una croce, posta in un punto particolare , con un foro al centro, che il sole andava sempre a illuminare nell'ora in cui si trovava nel punto più alto del cielo.
E così mi sentivo io, illuminata e benedetta da quei pochi raggi che avevano avuto l'ardire di comparire in mezzo al trionfo della pioggia. Così illuminata su quel prato umido che ora non posso più costruire la mia vita su tutta questa fitta rete di metafore poetiche che naturalmente mi accade di applicare anche nella comune esistenza. Iperbati, iperbati ovunque. Sentimenti messi in disordine, costruiti ad hoc, prima l'aggettivo e poi il nome, un nome che non esiste, che fa sentire il suo eco, ma che non esiste. Per dare maggiore espressività, no, solo per dare maggiore inconsistenza. Non c'è bisogno di coltello e pistola per ferire, basta lo sconfinato potere dell'iperbato. E i Beatles in sottofondo, le loro quattro vocine in coro che mi giungevano dalla porta socchiusa: "It's getting better, it's getting better since you've been mine". Beati loro, anche se adesso sono quasi tutti sepolti. Non ho idea di quanto durerà questo stato di grazie, non ho idea come finirà, ma l'importante è acquisire la licenza poetica.
PROZAC BABY, TO SOLVE YOUR FUCKING PROBLEMS.

venerdì 7 maggio 2010

Ancora lui. (Ma non dovevamo vederci più?)


" Chiediamoci cosa diventeremo, cosa saremmo diventati. coniughiamo ancora male i verbi. La tua intelligenza è in un cantiere credo. Tra i trifogli che ci crescevano attorno, solo i trifogli. Lasciamoci trasportare dalle macchine, trascinare a Roma dagli eurostar. Con le calamite sul cuore, gli occhi gli acquari che perdono ai bordi. Invadiamo la Polonia a piedi. Torniamo a piedi dalla Russia. E' tutto così tranquillo la sera da spaccare il cuore, poi vado a suonare là. sui tetti sgualciti, come le lacrime cadiamo negli angoli. Lascio le mie parole in giro, sui muri, sugli scaffali, nelle teste di cazzo, tra i tuoi capelli tagliati a mano da te. Si arrampicavano sulle altalene arrugginite per farci le prediche le bambine. Ma poi, poi cosa faremo. chi fabbrica i piani b. i piani c. Ci tagliavamo per prometterci, adesso non mi ricordo cosa, con i vetri delle vetrine. E poi ancora le lacrime che fanno i fiumi, gli appartamenti diroccati e vomitare allegramente per le scale. e poi le tue lacrime che fanno tracimare i fiumi. Ma lasciateci sciogliere in questa pioggia, con le stelle inchiodate ai soffitti. Lasciati decifrare lasciami bruciare i giornali. schivare all'ultimo momento i gatti, i ricci, i cattolici, i gabbiani, i ciclisti pensionanti."



WHEN YOU'RE GONE, HOW CAN I EVEN TRY TO GO ON?

martedì 4 maggio 2010

J'ai tant rêvé de toi que tu perds ta réalité


Ho tanto sognato di te che tu perdi la tua realtà.
C'è ancora tempo per raggiungere questo corpo vivente
e per baciare su questa bocca la nascita della voce che mi è cara?
Ho tanto sognato di te che le mie braccia abituate,
nello stringere la tua ombra, a incrociarsi sul mio petto,
forse neppure si piegherebbero al contorno del tuo corpo.
E che, davanti all'apparenza reale di ciò che mi assilla
e governa da giorni e da anni, senza dubbio diventerei un'ombra.
Oh altalene sentimentali!
Ho tanto sognato di te che indubbiamente non è più
il momento di svegliarmi. Dormo in piedi,
con il corpo esposto a tutte le apparenze della vita
e dell'amore e di te, la sola che conti oggi per me,
mi sarebbe più difficile toccare le labbra
e la fronte di quanto non mi sarebbe più difficile
toccare le labbra e la fronte del primo venuto.
Ho tanto sognato di te, tanto camminato, parlato,
dormito con il tuo fantasma che forse, e tuttavia,
non mi rimane che essere fantasma tra i fantasmi
e cento volte più ombra dell'ombra che passeggia
e passeggerà allegramente sul quadrante solare della tua vita.

Robert Desnos
COME, SAVE ME, HUG ME.

domenica 2 maggio 2010

Solo un grande sasso




ODIO.


ODIO.


ODIO.


ODIO.
Ascolto Davide Toffolo che racconta come sto, che sto come lui.
1) Fragile, arrogante ed insolente. Invadente e stupida. Prepotente e fragile. Impaurita come mai. Malinconica e sognate. Indolente e insofferente.
2) Vuota, insoddisfatta e sorridente. Sola e inconsolabile. Instancabile ed assente. Prepotente e fragile. Impaurita come mai. Indolente e insofferente. Dipendente dai parenti e dagli amori che non ho.

E allora? Me l'ha già detto qualcuno tempo fa e io me lo richiedo.
Specchio specchio delle mie brame dimmi dov'è il mio reame, dimmi che sarà di me.

NICK CAVE AND THE BAD SEEDS


Non lasciarti ingannare da questi sospiri regalati al buio, mentre fuori dalla finestra c'è un rumore assordante e insopportabile. Non te ne importa niente dei libri ammucchiati di là sul tavolo, non ti importa di studiare a caso quelle pagine. Non essere stupida. Non immaginarti sempre la stessa cosa quando chiudi gli occhi, quando li tieni aperti. Tu hai un'educazione. che non ti serve a nulla.

Ehi, lo vedi, ti sta dirigendo come un regista di infima categoria. Lo vedi che non sei che una pedina nelle sue mani. E le sue mani non ti toccano neanche, ti muovono solo da lontano. Tu gridi la rivoluzione, ma poi rimani lì a farti del male da sola, resti con lui mentre lui ti guarda dall'alto, dimenarti.

Sarà un'altra notte terribile, claustrofobica, a pensare a questo film ridicolo.