lunedì 28 dicembre 2009

La sola che tu. La sola ingiustizia.


"E non sai quanto bene ti ho dato
E non sai quanto Amore sprecato
Aspettando in silenzio che tu
ti accorgessi di me"

'Che faresti poi?' mi domandi. Che farei?! Che farei, amico mio, forse che una lontananza possa spaventarmi tanto? Prenderei un treno, ecco quello che farei. Guardando la nebbia diventare cielo fra le verdi pianure incolte. Prima che sia troppo tardi, prima che il buio non ci inondi completamente, vorrei vedere il tuo viso, sfiorare la tua pelle e annusarne l'odore. Sai, con il rimorso si può convivere, con il rimpianto no, di quello si muore. Ti corrode dentro come un tarlo, come l'odore di una malattia senza fine, perchè la vita che non hai vissuto si vendica all'improvviso senza alcuna pietà. Sì, io lo prenderei quel treno, amico mio, e ti verrei a cercare come quei desideri che sembrano lupi e raspano alla porta in quelle notti d'inverno quando hai bevuto anche l'ultima goccia di Jack ed apriresti anche al diavolo pur di non stare solo con te stesso. Mi troveresti di fronte all'improvviso e lascerei dire alla mia bocca dire quello che deve dire e alle mani fare quello che devono fare, e qualsiasi cosa accada allora, ora, sarebbe quella giusta, e poi riprenderei forse quel treno, per tornare al mio principio d'inverno, o forse telefonerei per avvertire di un'improvvisa disgrazia: quella di essermi accorta di essere ancora viva.
(dal blog Elogio della Follia)

. E non so davvero cosa fare, forse andare avanti a piangere per una settimana, ma no, non posso, gesù, perchè per una volta non può essere tutto un pò più giusto. Dare amore e riceverlo.

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