giovedì 16 dicembre 2010

Siamo tutti usciti dall'enorme cappotto di Gogol


'Rus! 'Rus! Ti vedo, dalla mia meravigliosa, bellissima lontananza vedo te: sei povera, dispersa e inospitale; non hai arditi prodigi di natura coronati da arditi prodigi d'arte, che rallegrino o intimoriscano gli sguardi: città con molti palazzi dalle alte finestre, cresciuti nelle rocce, alberi pittoreschi ed edere cresciute nelle case, fra lo scroscio e il pulviscolo eterno delle cascate; il capo non si piega all'indietro per vedere massi di pietra che sopra di esso si innalzano senza fine sopra il cielo; non scintillano verso bui archi sovrapposti, avvolti da tralci di vite, d'edera e da miriadi di rose selvatiche, non scintillano attraverso di essi in lontananza le linee eterne di monti radiosi, che fuggono in limpidi cieli d'argento. Tutto in te è aperto, deserto e uniforme; come punti, come piccoli segni, modestamente spuntano in mezzo alle pianure le tue non alte città; nulla lusinga e incanta lo sguardo. E dunque quale forza incomprensibile, misteriosa, attira a te? Perchè echeggia e risuona senza tregua all'orecchio il tuo canto malinconico, che vola per tutta la sua lunghezza e ampiezza, da mare a mare? Che c'è in questa canzone? Che cosa chiama, e singhiozza, e stringe il cuore? Quali suoni baciano dolorosamente, e vogliono penetrare nell'anima, e si avviluppano intorno al mio cuore? Rus'! Che vuoi dunque da me? Quale legame incomprensibile si cela fra noi? Perchè mi guardi così, e perchè tutto ciò che è in te mi rivolge occhi pieni di attesa?... E ancora, pieno di perplessità, io resto immobile, e già sul mio capo incombe una nube minacciosa, gravida di piogge future, e il pensiero ammutolisce davanti alla tua vastità. Che cosa profetizza questa vastità sconfinata? Non deve nascere qui, in te, un'idea infinita, quando tu stessa sei senza fine? Non deve forse apparire qui un eroe favoloso, quando c'è spazio in cui possa agire liberamente e muoversi? E minacciosamente mi afferra la vastità possente, riflettendosi con forza tremenda nel mio profondo; i miei occhi sono illuminati da un potere sovrannaturale: oh! quale distesa fulgente, splendida, ignota alla terra! Rus'!

"Ferma, ferma, cretino!" gridava Cicikov a Selifan............

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