domenica 6 febbraio 2011

Harrison Fotter


Senatus populusque romanus dicunt quem:
io sono un pò sulla border-line.
Mancherà poco che mi alzerò un giorno e andrò ad annunziare a tutti con estrema serietà che ho abbandonato tutto e mi sono iscritta a Hogwarts. Che ho fatto la selezione col cappello e il cappello mi ha mandato tra i Serpeverdi che in fin dei conti si rivelano tutti dei loserz, perchè come sempre è quel gran culo di Harry Potter che la vince su tutti. Non è giusto. Parliamo di giustizia, tiriamo in ballo la retorica ellenistica. Tiriamo fuori dallo sgabuzzino una vecchia scopa e proviamo a buttarci dal balcone convinti di avere poteri magici diversamente dai comuni babbani.
Come è chiaro che tutto generi un pò Nausea ultimamente. Dico, ci sono certe cose che ami, quelle poche cose che ami veramente, metti la musica, per fare un esempio. E anche lì inizia sempre ad insinuarsi qualche testa di cazzo che poi rovina tutto e inizia a farti disprezzare anche quella tua nicchia prediletta, poi si sa che il germe della testcazzutaggine si espande vertiginosamente e da una ne diventano tre, quattro, dieci, cento, mille, sù le mani! Sapete, c'è un dramma teatrale di Cechov, Le tre sorelle, e uno dei protagonisti è Versinin, comandante di batteria. Questo Versinin è un tipo che ama filosofeggiare, probabilmente così inappagato della sua vita presente che continuamente inneggia a un potenziale futuro migliore, brillante. Dice: "La vita è dura. A molti di noi si rivela ottusa e disperata, ma bisogna pur riconoscere che si va facendo sempre più luminosa e leggera e non deve essere lontano il tempo in cui sarà splendente". E lo dice mentre sta abbandonando la donna di cui si è innamorato. Probabilmente sa che non è così, così come quando diceva a questa stessa donna, qualche atto prima, che ella non deve disperare se lei e pochi altri appaiono come gli unici esseri dotati di una certa intelligenza in mezzo quella piccola realtà provinciale così gretta e meschina, perchè nel momento della loro scomparsa, loro, questi rari lumi, non scompariranno davvero del tutto, lasceranno come un seme, un'influenza che a poco a poco si spargerà anche tra gli altri abitanti. Non si capisce quanto Versinin in prima persona creda alle sue stesse parole, ma si capisce fin troppo bene come Cechov non lo faccia, come sia profondamente convinto del contrario: che la meschinità contamini la purezza, come stando in mezzo ai balordi piano piano lo diventi anche tu, ma mai il contrario. Mai che un essere al di sopra della norma riesca a prevalere sugli altri. Tutti loro in qualche modo finiscono per raggrinzire, dimagrire nel fisico e nello spirito senza possibilità di riscatto.
Ed è quello che accade, la Nausea, una continua Nausea per ogni cosa, poi poco importa che quelle opere siano datate 1900 o giù di lì e ora siamo nel 2011, in questo la vita rimane sempre identica a se stessa e l'esistenza si porta nel suo intrinseco questo fardello. Cechov scrive a noi, scrive la vita per quella che è perchè osservarla, rendersene consapevoli è l'unico modo per provare a sgravarsi di quel peso. Scrive a noi, per noi.
La giustizia no, è chiaro che esista solo casualmente, ma bisogna sapersela creare.

Poi non so se magari un giorno riceverò davvero la mia lettera da Hogwarts, ma per portarmi avanti nel frattempo mi sono fidanzata con Harrison Potter. Fotter.

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