Sento le parole che dici. Tengo conto delle parole che dici.
Ma il mio cuore è ciò che è andato perduto.
Il mio cuore è andato perduto.
Nella selva oscura.
Segnati la mappa nei promemoria, un giorno magari saremo ancora amici.
La rima concatenata è diventata sciolta,
anche il sentimento, ormai si sa, è in rivolta.
Credici al post-modernismo, fa bene al tuo ego
ti vela di mistero
ti fa credere che in fondo non sei tu
lo scemo. Prima di prendere il tè, un french toast e fare un brindisi tempo ci sarà per assassinare e creare per me e per te per le indecisioni e le revisioni da prendere.
Il nostro è un paese in cui si leggono pochi giornali e pochi libri, al contrario si guarda molta televisione.
Che sia questa una delle cause per cui gli Italiani sempre più spesso vengono dipinti come superficiali e disimpegnati? Può darsi.
Che le etichette non ci spingano ad aderire ad esse, primo.
Secondo: è possibile immaginare un ruolo più attivo e responsabile della televisione nel suo complesso, per innalzare l'informazione, la cultura e l'impegno civico.
Certo che è possibile, neanche si stesse chiedendo a Leonardo di creare una macchina per far volare l'uomo!
Due a questo punto sono i problemi che si stagliano all'orizzonte: a sinistra incombe quello che forse, per un pizzico di patriottismo ancora radicato in noi, non vorremmo mai arrivare a riconoscere in pieno, ossia che se gli Italiani si ostinano a non volere leggere libri la causa non va ricercata nella televisione, ma nella mente dell'italiano medio che un pò superficiale e disimpegnata lo è davvero. Ma lasciamo un attimo da parte questo esercito apparentemente non troppo offensivo di anime che amano rimpinzarsi di patatine fritte sul divano guardando il loro reality preferito in prima serata e passiamo all'altro nemico, il format televisivo.
Proprio per il fatto che la televisione viene molto seguita in Italia, a nessun italiano è potuta sfuggire la notizia della tragica morte del cantautore bolognese Lucio Dalla, avvenuta il primo marzo 2012.
Ebbene lo stesso Lucio Dalla nel 2007 rilasciò un'intervista al programma televisivo TV Talk in cui ribadiva che l'uomo ha lottato per anni e anni cercando di conquistare un pò di beneamata libertà e la logica televisiva sovverte tragicamente questa conquista imponendo schemi e time-line che, seppur necessari in qualche misura, sono diventati eccessivi nella loro eccessiva rigidità.
In televisione manca qualsiasi tipo di spontaneità, qualora dovesse accadere qualcosa di imprevisto riusciamo a leggere il terrore il più delle volte nei visi dei nostri impavidi conduttori e questo è un elemento che dev'essere rivisto, smussato. Se i nostri signori sulla poltrona amano tanto guardare i reality è forse perchè cercano un anelito di vita reale in essi (che manca comunque, ma questa è un'altra storia!), quindi che dire se un pò di questa vita reale venisse trasferita anche in programmi con contenuti ben diversi dai reality show, programmi di informazione, di cultura generale dove al posto di domande e risposte preparate a tavolino si instauri un dialogo genuino, una sana dialogicità?! A questo punto potrebbe darsi che lo scontro sul campo di battaglia diventi semplicemente un incontro, fruttifero ed edificante.
"Ma la televisione è questa e non si può sfuggire alle sue regole!". Se dobbiamo sempre per forza vedere le cose da questo punto di vista di immobilità, allora tanto vale anche solo provare a parlarne.
Fondamentalmente, da quando in un'abitazione del "dopo miracolo" il 49% delle famiglie italiane poteva ormai vantare la presenza di un televisore nel suo confortevole salottino fino ad ora, il paradigma della televisione si potrebbe riassumere in questa frase: allargare la mente per poi distruggerla.
Voi, soprattutto voi che state ai piani alti, pensate ad essere elastici, non distruttivi.