Secondo Sarte -illustre meastro a cui io devo un nome, una faccia, un modo di esistere- questo stesso concetto di esistenza è ritenuto nient'altro che un paradosso. E ciò in base al fatto che l'uomo è libero di fronte a ogni scelta che decide di intraprendere, ma non è affatto libero di essere libero. Viene gettato nella schermaglia, nella melma del mondo senza di certo averlo chiesto lui stesso o senza avere scelto di farlo, un enorme fardello di libertà gli viene caricato sulle spalle e apparentemente con una tale necessità che ciò non può che creare un ridicolo ossimoro, un'assurdità. L'uomo può scegliere il senso del suo essere, ma non il suo essere stesso, quest'ultimo gli viene imposto. A parere del filosofo l'esistenza non trova altra spiegazione al di là del fatto stesso di esistere, come se l'esistenza in sè in fondo un senso non ce l'abbia affatto, ma solo l'uomo, così intriso di bisogno di avere degli scopi e degli obiettivi, gliela ponga a priori. Ed ecco donde derivino secoli e secoli di metafisica, di dei, religione e battaglie combattute per essa.
Nella Nausea, romanzo risalente al 1938, ancor prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, Sartre crea una sorta di trasposizione letteraria, superba ed elegante, di tale concezione dell'esistenza. Le azioni e soprattutto le riflessioni del protagonista del libro, il professore Roquetin, sono lo specchio dell'assurdità, oserei dire quasi dell'azzardo, che stà alla base delle nostre vite; azzardo che Roquetin scopre gradualmente, secondo la più rigorosa maieutica socratica, in questo suo sentirsi sempre fuori posto e di troppo rispetto alle persone che gli stanno intorno:
" Eravamo un mucchio di esistenti impacciati, imbarazzati da noi stessi, non avevamo la minima ragione d'essere lì, nè gli uni nè gli altri, ciascun esistente, confuso, vagamente inquieto, si sentiva di troppo in rapporto agli altri".
" La nausea: ecco quello che i Porcaccioni [i borghesi e i soddisfatti di sè]... tentano di nascondersi con il concetto di diritto. Ma che meschina menzogna: nessuno ha diritto: essi sono completamente gratuiti, come gli altri uomini, non arrivano a non sentirsi di troppo. E nel loro intimo, segretamente sono di troppo, cioè amorfi e vacui; tristi".
Fondamentalmente accade questo: che da quando ho acquisito un decente uso del mio essere razionale ancora in piena evoluzione, ho sempre detestato il concetto di borghesia e quello che ai miei occhi tale concetto incarnava, per scelte mie, per determinati orizzonti in cui sono cresciuta o a cui ho deciso di aderire consapevolmente. Oggi può sembrare anacronistica questa parola, può sembrare che manchi di senso come l'esistenza di Sartre, come dire 'comunismo' adesso... eppure ancora ben la si riconosce, striscia, rivive sotto determinati aspetti. In tutte quelle persone così tronfie delle loro cose e allo stesso tempo così inconsapevoli del loro stare al mondo, la cui pretesa acutezza sfiora i confini del ridicolo quando si tratta di entrare nel campo del giudizio perchè, ancora una volta, la loro morale e i loro criteri sono fatti di cose, di soldi, di corsus honorum. Tutti intrisi di contingente e così mancanti di quell'anelito all'assoluto che dovrebbe essere la cifra propria dell'essere umano. Probabilmente non si tratta altro che di spiccio chiacchericcio filosofico, ma ogni giorno vedo questo, come del resto è sempre stato, e ogni giorno, ancora, non lo sopporto, mi deprime, mi fa arrabbiare.
Che vada anche al diavolo il senso dell'esistenza, ma in quei pochi anni spesi su questo mondo che almeno possa alzarmi ogni giorno dalla parte giusta del letto. Ricordando il povero Malcom McLaren, pace all'anima sua, che aveva scelto come slogan di una delle sue prime magliette
Un giorno ti sveglierai e saprai da che parte del letto sei stato sdraiato.
ANTIBOURGEOIS.