mercoledì 2 settembre 2009

Pt. 2

...Io sono dentro la musica. Negli specchi roteano globi di fuoco; anelli di fumo li circondano velando e svelando il duro sorriso della luce. Il mio bicchiere di birra s'è rimpicciolito, si accoscia sulla tavola: ha aspetto denso, indispensabile. Voglio prenderlo e soppesarlo, stendo la mano...Mio Dio! E' questo, soprattutto, che è cambiato, sono i miei gesti. Questo movimento del mio braccio si è sviluppato come un tema maestoso, è scivolato lungo il canto della negra; m'è parso come se danzassi. Il viso di Adolfo è là, posato contro il muro color cioccolato; sembra vicinissimo. Nel momento in cui la mano si richiudeva, ho visto la sua testa; aveva l'evidenza, la necessità d'una conclusione. Premo le mie dita contro il bicchiere, guardo Adolfo: sono felice.
-Ecco!
Una voce si slancia su un fondo di rumore. E' il mio vicino che parla, il vecchio cotto. Le sue guance fanno una macchia viola sul cotto marrone del sedile. Fa schioccare una carta contro il tavolo. La maniglia di quadri.
Ma il giovanotto dalla testa di cane sorride. Il giocatore rubicondo, chino sulla tavola, lo spia di sotto in su, pronto a scattare.
-Ed ecco!
La mano del giovanotto esce dall'ombra, si libra un istante, bianca, indolente, poi si precipita come un nibbio e schiaccia una carta contro il tappeto. Il grosso rubicondo dà un sobbalzo.
- Merda! Lui taglia.
La sagoma del re di cuori appare tra le dita raggrinzite, poi lo si rovescia, e il giuoco continua.
Bel re, venuto così di lontano, preparato da tante combinazioni, da tanti gesti scomparsi.
Eccolo che scompare a sua volta, affinchè nascano altre combinazioni e altri gesti, attacchi e repliche, cambiamenti di fortuna, una folla di piccole avventure.
Sono emozionato, sento il mio corpo come una macchina di precisione in riposo. Io sì che ho avuto delle vere avventure. Non ne ritrovo alcun particolare, ma scorgo la rigorosa concatenazione delle circostanze. Ho traversato i mari, mi sono lasciato dietro città, ho risalito i fiumi, oppure mi sono addentrato in foreste, e sempre andavo verso altre città. Ho avuto delle donne, mi sono battuto con dei tipi, e mai sono potuto tornare indietro, così come un disco non si può girare a rovescio. E dove mi conduceva tutto questo? A questo minuto, a questo sedile, in quella bolla di luce tutta ronzante di musica.
And when you leave me
Già, io che provavo tanto piacere, a Roma a sedermi in riva al Tevere, a Barcellona, la sera, a scendere e riscendere cento volte i Ramblas, io che vicino ad Angkor, nell'isolotto del Baray di Prah-Kan, vidi un baniano intrecciare le sue radici intorno alla cappella dei Nagas, sono qui, vivo nello secondo di questi giocatori d'ombra; ascolto una negra che canta, mentre di fuori vaga la debole notte.
Il disco s'è fermato.
La notte è antrata, dolciastra ed esitante. Non la si vede, ma è qui, vela le lampade; nell'aria si respira qualcosa di denso: è lei. Fa freddo. Un giocatore spinge le carte in disordine verso un altro che le ammucchia. Una è rimasta indietro. Che non la vedano? E il nove di cuori. Infine qualcuno la prende e la dà al giovanotto dalla testa di cane.
-Ah, è il nove di cuori!
Bene, ora me ne vado. Il vecchio paonazzo si china su un foglio succhiando la punta d'un lapis. Maddalena lo guarda con occhio chiaro e vacuo. Il giovanotto gira e rigira il nove di cuori tra le dita. Mio Dio!...
Mi alzo a fatica: nello specchio, sopra il cranio del veterinario vedo scivolare un viso inumano.
Tra poco me ne andrò al cinema.

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