"Dentro, da qualche parte nel basso ventre, covava una roba che lo faceva stare di merda. Una di quelle robe che ti consumano piano piano, che ti ammalano come un morbo dalla lenta incubazione, e di cui non puoi parlare a nessuno perché se per caso sputi il rospo ti crolla in testa tutto il teatrino del cazzo."
Ti prendo e ti porto via
Niccolò Ammaniti
Giornata di merda, in effetti.
In effetti, però, poi tutto passa.
Lo trovi scritto da tutte le parti.
Romperti una gamba, l'estate, il dolore dopo un tatuaggio, le crisi finanziarie, la notte, romperti il cuore, il mal di pancia, gli esami, l'eccitazione pre-partenza, le puntate di south park, i brufoli sottocutanei, la bellezza.
Ci si può fare un elenco infinito, ci si può fare una letteratura degli elenchi di cose che passano.
A che cazzo servono allora, mi chiedo.
Ascolto una vecchia canzone degli Strokes "Aspetto e dico a me stesso: la vita non è un cesso (=una partita a scacchi, qualcosa del genere)". Non è vero.
Non è vero, sbagli una mossa e il basso ventre già è pronto a farsi sentire, esattamente in quel punto, che poi a pensarci è veramente strano. Ma d'altra parte è così, ci sarà una qualche precisissima spiegazione biologica del motivo per cui gli avversari decidono di fare il culo al re proprio in quel punto.
Per oggi sono quasi convinta che la vita assomiglia sia a un cesso sia a una partita a scacchi.
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