Ci sono libri che sanno durare l' èspace du matin, ce ne sono altri destinati a far risuonare il loro eco per secoli, indipendentemente dal favore del pubblico di lettori. Così come esiste un dibattito mai finito intorno al concetto di letterarietà e più precisamente riguardo ai lavori che debbano o meno essere considerati letterari in senso pieno, in grado di entrare nell'Olimpo e resistere al turbinio rovinoso del tempo e di ciò che esso si lascia alle spalle.
Non sono poi in molti a conoscere il nome di Joris-Karl Huysmans, tuttavia egli ha saputo scoccare la freccia nel modo giusto, è riuscito a raggiungere quell'Olimpo e con un'unica opera veramente degna di ammirazione, ma che, sola, ha formato un gusto e, sola, si è posta all'origine di tante cose illustri che negli anni l'hanno seguita.
Si tratta di A'rebours, un romanzo sì, ma non solo. A'rebours è tante cose insieme: è la storia tuttora affascinante del suo protagonista, Des Esseintes, poi una sorta di trattato, forse una guida, una pietra miliare del concetto di estetismo.
In realtà quando Huysmans decide di approdare a questo porto, scrivendo queste pagine, aveva già intrapreso un altro percorso in precedenza: quello del naturalismo, sulla scia di Zola e compagni, il quale segna il naturale e logico antefatto di quello che sarà poi A'rebours. In questa sua prima stagione di scrittore egli aveva deciso di narrare la disperazione e la desolazione della vita francese subito dopo la sconfitta subita da Napoleone III e l'immediato disfacimento del Secondo Impero tramite personaggi che incarnavano precisamente lo stereotipo della piccola borghesia parigina: eroi minuscoli, quasi antieroi, destinati a scontare le loro esistenze in grigi uffici e a spegnere le poche ambizioni e i pochi sogni che erano loro rimasti. Una situazione, insomma, in cui a dominare erano quelle storie che ponevano in primo piano un tipo di filosofia basata sull'inutilità delle reazioni e sullo spirito di acquiescenza di fronte a una nazione che aveva appena subito un'umiliante sconfitta e di un mondo del lavoro che non lasciava spazio ai sogni di gloria.
Ed ecco che Huysmans, se prima era stato sopraffatto dallo squallore della realtà, a un certo punto decide di rovesciare completamente personaggi e situazioni e di proporre un salto al di fuori della realtà. Anzi, l'annullamento della realtà stessa e l'instaurazione di un sogno che sostituisse l'ingranaggio delle umiliazioni e delle sconfitte.
Abbandonata la tribù dei naturalisti, lo scrittore passa da un modo semplice e lineare di rappresentare il mondo a un'invenzione completamente svincolata dalla morale, dalla religione, dalla filosofia. Huysmans non voleva più fare della scienza o della storia, voleva la Poesia, vale a dire la vita depurata e alla fine trasformata. Tuttavia tutto quel disgusto e quel senso di vergogna intima che lo scrittore aveva accumulato negli anni e riposto nei suoi precedenti personaggi 'naturalisti' furono fondamentali alla sua esperienza: senza di essi non sarebbe mai nato Des Esseintes. Dinfatti, a ben guardare, lo schema non muta radicalmente: Des Esseintes, con la sua smania di travolgere e deformare il ritmo e le ragioni del quotidiano, risulta essere una vittima nè più nè meno dei suoi predecessori naturalisti; ciò che cambia è il quadro d'interrogazioni, gli strumenti, che diventano tutti ricercati, eccezionali, rari, fuori dal comune. E naturalmente lo status del personaggio. Se i primi caratteri huysmansiani dovevano combattere con stipendi e paghe insufficienti, Des Esseintes non ha di questi problemi: è un aristocratico, dotato di tutti i mezzi necessari per trasformare la vita in un sogno, costruire la propria prigione dorata e isolarvici dentro a guisa di un nuovo Faust dell'extra-ordinario. La vita umana, per lui, diventa un trampolino di lancio per una serie di trasformazioni che avevano come scopo quello di individuare una via d'uscita , la salvezza oltre i campi della desolazione. E, se vogliamo, qui sta tutta l'ingenuità dello scrittore: pensare che tristezza e disperazione siano frutto di una determinata situazione sociale, di uno specifico modus vivendi e non già della condizione stessa dell'uomo. Forse Huysmans stava solo cercando conferme a questa teoria e Des Esseintes fu la pedina che lo portò a risolvere che mutando le situazioni, il risultato non cambia. Che depurando l'esistenza con filtri e alambicchi, non si riesce comunque a giungere a una verità assoluta.
Ma con questo discorso parliamo di vita vissuta, di qualcosa che va al di fuori di quello che significherà A'rebours per le generazioni a venire. Poco importa che tanto Huysmans quanto Des Esseintes escano ancora una volta sconfitti, il romanzo risultò essere una sorta di nuova Bibbia e accese l'immaginazioni di giovani i cui nomi diventeranno illustri, tra di essi non da ultimo D'Annunzio. In loro rivivrà l'aspirazione ad assegnare alla miserabilità interiore e al suo canto sommesso un registro alto e solenne, il proposito diabolico di ridurre l'uomo "normale" a una sorta di superuomo in grado di vincere il dolore e la miseria.
Quante generazioni non si sono direttamente o indirettamente ispirate alle lezioni di Des Esseintes, quante generazioni di poeti non hanno imparato da lui a rifiutare la vita con i suoi doveri, le sue leggi, le sue ragioni per abbozzare altri tentativi d'evasione, di globali riduzioni all'eccentrico. Ecco perchè è lecito andare al di là dell'ambito delle vicende personali dello scrittore e della sua implicita lezione umana, A'rebours aveva nei suoi geni qualcosa di profetico, nel senso che, riassumendo le grandi delusioni, le stanchezze e la fragilità di un momento storico (che diventa poi universale, cioè applicabile a ogni tempo e luogo), ha avanzato una proposta forse paradossale, ma che comunque è apparsa accettabile: modificare la vita fino quasi ad annullarla, sostituendo un ideale di poesia alla squallida prosa del quotidiano. Da allora questo messaggio non ha cessato di raggiungere e colpire le immaginazioni letterarie di molti paesi d'Europa e ha contribuito in modo notevole alla vittoria del simbolismo sul naturalismo, della creazione sulla ripetizione catalogata e codificata e, ancora, ha aiutato le ragioni della letteratura a uscire dalle secche del sociologismo e del fanatismo scientifico. Il nostro Faust parigino ha ritrovato un posto per l'anima e ha restituito all'uomo una dignità maggiore, che non è solo quella politica, economica o sociale: il naturalismo si era illuso di poter ridurre l'uomo a un congegno, il cui segreto stava nei principi dell'ereditarietà e dell'ambiente; Huysmans con la sua favola abnorme ha ricordato che nella sua composizione c'è qualcos'altro e dietro al teatro c'è qualcuno che ci aspetta.
VIC
Nessun commento:
Posta un commento