da ALL'USCITA DEL TEATRO DOPO L'USCITA DI UNA NUOVA COMMEDIA...mi dispiace che nessuno abbia notato quel personaggio onesto che pure c'era nella mia commedia. Sì, c'era un personaggio nobile e onesto, presente in tutte le scene. Questo personaggio nobile e onesto è il
riso. E' nobile, perchè ha deciso di intervenire nonostante l'opinione meschina di cui gode nel mondo. E' nobile, perchè ha deciso di intervenire anche a costo di procacciare all'autoreuna fama oltraggiosa, quella di freddo egoista, tanto che ora si dubita perfino della sua sensibilità. Nessuno è intervenuto in difesa del riso. [...]
No, il riso è molto più profondo e importante di quanto non si pensi. Non quello generato da un'irritazione effimera, dalla bile, da certe disposizioni morbose del carattere, e nemmeno il riso leggero che accompagna l'ozio e il divertimento; parlo del riso che sorge dalla limpida natura dell'uomo, dove è racchusa la sua sorgente eternamente viva, e va al fondo delle cose, portando alla luce quello che altrimenti scivolerebbe via inosservato, e mostrandoci quella meschinità e vanità della vita che senza la forza del suo intuito non ci spaventerebbero come, invece, ci spaventano. Tutte quelle cose meschine e disprezzabili, che ogni giorno oltrepassiamo con indifferenza, non ci sorgerebbero davanti con quella forza tremenda, quasi caricaturale, e noi non esclameremmo con un brivido di orrore: " E' possibile che ci sia della gente così?", mentre sappiamo benissimo che c'è anche di peggio. No, hanno torto tutti coloro che dicono che il riso turba gli animi. Solo ciò che è oscuro ci turba, e il riso è luminoso. Molte cose turberebbero l'uomo, se gli si presentassero nella loro nudità; ma, rischiarate dalla forza del riso, rasserenano anzi la sua anima. Colui che vorrebbe vendicarsi per una malvagità ricevuta, quasi si riconcilia con il suo offensore, vedendo la bassezza di lui messa finalmente in ridicolo. E hanno torto anche coloro che dicono che il riso non colpisce davvero coloro contro cui si indirizza, e che i furfanti in carne e ossa sono i primi a ridere dei furfanti della scena: rideranno forse i furfanti di domani, ma quelli di oggi non ci riescono proprio! Sentono che certi personaggi sono già diventati immortali, e che alla prima bassezza hanno già pronto il soprannome. E il ridicolo lo teme anche chi non teme nient'altro al mondo. No, ridere di un riso buono e luminoso è possibile solo alle anime profondamente buone. Anche se nessuno sente la potenza di questo riso: " quel che è ridicolo, è vile", sentenzia il mondo e ritiene elevate solo le parole pronunciate con voce grave e severa. Ma Dio mio! Quanta gente c'è per cui addirittura non esiste nulla al mondo di elevato! Tutto quello che nasce dall'ispirazione per loro è una specie di favoletta, una stupidaggine; le opere di Shakespeare sono favolette, per loro, e così pure i più santi moti dell'anima. [...]
La mia anima non può stare tranquillamente a sentire chi definisce stupidaggini e favolette le più grandi opere d'arte, e autori di favole e stupidaggini i poeti più grandi e illuminati! Il mio cuore s'è stretto vedendo anche qui, nel pieno della vita, tante personemorte e insensibili; il gelo inerte dei loro sentimenti e lo sterile vuoto che hanno nell'anima mette paura; il mio cuore si è stretto vedendo quei visi inespressivi su cui non aleggiava nemmeno una traccia di quell'emozione che avrebbe sciolto in lacrime sacre un'anima capace di amore vero; la loro lingua non si seccava nel ripetere quell'eterna parola: favolette! Favolette! E invece sono passati i secoli, città e popoli interi sono scomparsi dalla faccia della terra, e come fumo si è dileguato qello che esisteva un tempo, mentre le favole sono sopravvisute e si ripetono ancora, e ancora le ascolta il saggio imperatore e il ministro prudente, il vecchio sapiente e il giovante pieno di nobile ardore.
Favolette! E intanto gemono le balconate dei teatri, e tutta la sala si fonde in un unico sentimento, in unico attimo, in un unico cuore, e tutti gli spettatori si ritrovano, come fratelli, in quell'unico moto spirituale, e lo scorsciare grato degli applausi si eleva come un inno a un poeta scomparso da cinqiecento anni. L'udiranno nella tomba le sue ossa polverose? Lo avvertirà la sua anima, provata in vita da tanto dolore? Favolette! E intanto, in mezzo alla folla commossa, c'era anche qualcuno che, affranto dal dolore e dall'intollerabile peso della vita, era già pronto a levare la mano contro di sè, e invece si è sentito riempire gli occhi di lascrime di conforto, ed è uscito riconciliato con la vita e pronto a affrontare nuovi dolori e sofferenze, pur di vivere e assaggiare di nuovo quelle lacrime. Favolette! Ma il mondo si addormenterebbe senza queste favolette, la vita sprofonderebbe e le nostre anime si coprirebbero di muffa e di fango. Favolette! [...]
Nikolaj Vasil'evic Gogol'