Un titolo bisogna pur sempre metterlo.
Del resto quello che mi è piaciuto non è né Monti né la sua manovra, è l'articolo di Baricco su Repubblica di domenica scorsa, articolo che per vicissitudini varie sono riuscita a leggere solo questa sera con ampio ritardo.
Non sono un' abitué dei quotidiani, ma ho deciso che la domenica mattina bisogna alzarsi dal letto, fare una passeggiatina fuori casa fino a raggiungere l'edicola e comprare Repubblica.
Da qualche tempo a questa parte c'è Baricco che vi fornirà una lista dei cinquanta libri che in questi ultimi dieci anni hanno maggiormente soddisfatto il suo piacere di lettore. Il fatto è che moltissime persone odiano Baricco, io subito dopo aver letto i grandi "classici" come Oceano Mare e Castelli di rabbia ne sono rimasta totalmente affascinata, atturbinata direi. Sono una persona facilmente impressionabile. A parecchio tempo di distanza non so se considerarlo uno scrittore veramente bravo o uno che semplicemente sa farti schioccare una scintilla per un momento, ma parte di quell'antico fascino gioca ancora un ruolo nella mia immaginazione e per questo ho deciso di sbirciare nel suo scaffale per vedere cosa ha deciso di riporvi.
La domenica mattina.
Quest'ultimo mi è piaciuto, il libro veramente in questione non lo so perché per la verità chi si è mai sognato di leggerlo (si tratta di American Dust, Richard Brautigan, per la cronaca), ma ho apprezzato quello che il nostra tanto criticato Baricco ha scritto a riguardo.
Sarà perché la felicità va e viene come è giusto che sia. in questi giorni Sembra Sempre Solo andarSene StriSCiando da Serpente viSCido qual è.
L'inizio e la fine soprattutto mi sono piaciuti.
L'inizio che dice: Romanzi del genere li riesci a scrivere solo se hai visto il fondo della sconfitta, o se sei già morto: non sei capace di quell'intensità mite, di quella convalescente economia di parole se sei ancora vivo, o vincente. Per urlare così sottovoce devi essere finito. Allora ti aspetta una dolcezza che in compenso, è infinita. American Dust Brautigan lo scrisse nel 1982, un bel pò dopo essere finito nel dimenticatoio e due anni prima di spararsi un colpo con un fucile calibro 44.
E poi la fine, certamente: [...] L'altra cosa è che American Dust fa molto ridere, ma veramente molto e in un modo che solo chi legge libri conosce: ridi dentro. Da fuori credo che non si veda proprio niente. Ma dentro ridi moltissimo. Se ci pensate è una cosa che esiste solo nella lettura. Voglio dire, quando si è in mezzo alla gente è il contrario: ridi fuori anche quando non è proprio che ti stai divertendo, lo fai per gentilezza, o anche solo per rispettare un codice. Non è che vai a una cena e poi passi il tempo a ridere dentro. Ma quando leggi un libro lo fai, se chi scrive è bravo. Deve essere abbastanza spiritoso per farti ridere dentro ma poi sapersi fermare un attimo prima di farti sbottare a ridere fuori. E' una tecnica. Credo che l'abbia inventata Dickens, Salinger l'ha portata a vette sublimi (..bla bla bla..) Mi sono perso un pò: volevo dire che è un libro scritto con una leggerezza magnifica, e una tristezza che non è triste mai.
Capito George?! I libri, quelli con le palle, fanno ridere dentro! Ti fanno compagnia e ti fanno ridere dentro! Non è una cosa semplicemente magnifica, soprattutto se la Felicità fa un pò quella che se ne va senza avvertire del suo ritorno?! E' magnifico, vecchio George, mio polveroso corrispondente.
C'è un pò di "Barricchismo" in tutto questo, si capisce, ma chi se ne importa, sempre a dare giudizi.
Aspetto domenica prossima.
Vic e Baricc (soprattutto)
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