Sì, era sempre la stessa cosa. Tutti, sua madre, suo fratello, tutti reputavano necessario immischiarsi nei suoi affari di cuore.
Questa ingerenza suscitava in lui un sentimento di rabbia, un sentimento che provava di rado. "Che gliene importa? Perchè ognuno ritiene doveroso preoccuparsi di me? E perchè mi stanno dietro? Perchè vedono che questa è una cosa che loro non possono capire. Se fosse la solita volgare relazione mondana, mi lascerebbero in pace. Ma loro sentono che è qualcosa d'altro, che non è un giochetto, che questa donna mi è più cara della vita.
E ciò è per loro incomprensibile, e perciò irritante. Qualunque sia e sarà il nostro destino, l'abbiamo fatto noi, e noi non ce ne lamentiamo, " diceva, associando se stesso ad Anna nella parola noi. "No, tutti vogliono insegnarci come dobbiamo vivere. Non hanno neppure idea di che cosa sia la felicità, non sanno che senza quest'amore per noi non c'è felicità, nè infelicità: non c'è la vita," pensava.
Si adirava contro tutti per quell'ingerenza proprio perchè sentiva dentro l'anima, che loro, questi tutti, avevano ragione.
Anna Karenina
Parte Seconda, cap XXI
Leggere Dostoevskij ti danna l'anima, leggere Tolstoj a volte è un palliativo. Quando hai abbandonato in dispersi cassetti della memoria certi gesti elusivi e certe vibrazioni di un cuore che pensavi ormai marcescente, leggere qualche pagine dell'autore tra i più snob di tutti i russi è una sorsata di vita e come una chiacchierata su qualcosa che in qualche modo ti suona familiare. Dopo la conversione è tutta un'altra storia. Anche le pagine sul suicidio sono tutta un'altra storia: discernimento.
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