Non come vorrei che tu ci fossi, ci sei.
E siccome comunque ci sei
sono allegra. Allora sono allegra, certo, quando chiami il mio nome.
Non come vorrei essere allegra
ma quando cazzo mai si ha quello che si vuole nella sua splendida e cazzutissima perfezione di totalità?!
(Mai o quasi).
Perciò mi tengo quest'allegria qui e la considerazione che la nostra è una generazione di sboccati e scurrili che trova perverso compiacimento nell'introdurre più e più volte nel discorso termini in fondo del tutto arbitrari che alludono a parti del corpo, per varie ovvie ragioni, non baciate dai raggi del sole (anche se con questo caldo prepotente ci si potrebbe fare un pensierino).
Ho scritto tante dolci parole.
Pensare che altri - altri -, le hanno anche apprezzate alle volte.
Ho questa mania di pubblicare il privato, non so perchè. Voglio dire, forse perchè pubblicamente potresti capirle meglio tutte quelle stronzate e capire che sono vere.
Scusa, lo sa il diavolo.
Io sogno ancora nel mio scrivere. Sogno ancora.
Di cose semplici, reiterate, abusate: sono cresciuta con Gozzano e la Signorina Felicita, con Corrazzini e il 'non chiamarmi poeta'.
Così, sogno i ciliegi in fiore nel giardino di un'eterna primavera -come nei manga giapponesi, sai- e, seduti là sotto, tu credi alle mie parole. Sì.
E i tuoi occhi sono i miei, le tue mani sulle mie, mie, tuo. Sono il tricheco.
Che ne sarà di quelle due oscurità in cui timidamente avrei voluto perdermi?
Che ne sarà dei ciliegi in fiore che erano duofobi?
E delle mie paroline?
Non sono - tutte- altro che un'invocazione che mai sarà finita di te a me. Mai sarà finita.
Manca il coraggio, c'è che la pietà è andata a farsi fottere dalla speranza.
Arriverà qualche altra stronza, lo so. Arriverà e c'è di buono che non potrà mai capire nulla di tutto questo.
Mi è rimasta giusto quel tanto di ironia utile alla causa, mio giudice.
Sentenza:
Smettere di pensare
(a te).
VIC
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