I nuovi capitoli dell' Evgénij Onégin scritti a Michàjlovskoe sono dedicati essenzialmente a Tat'jàna, la quale, nonostante all'inizio della storia appare una ragazza di provincia intrisa di letteratura, fà un passo che va al di là delle convenienze provinciali, ma poi è totalmente letterario: scrive ad Onégin una lettera d'amore. All'inizio essa ipotizza due possibili reazioni - entrambe ingenuamente letterarie - da parte del suo eroe: egli può rivelarsi un "angelo salvatore" oppure un "perfido tentatore". Ma Onégin reagisce in un terzo modo, e si comporta come un qualunque uomo dabbene in simili situazioni: fa una bella predica alla signorina, rimproverandone la sventatezza. Non succede nulla e la possibilità di sviluppare una trama amorosa è subito liquidata.
"Vi scrivo – che altro più? Che cosa posso dire ancora? Lo so, ora sta alla vostra volontà punirmi col disprezzo. Ma voi, se troverete almeno una briciola di pietà per il mio triste destino, non mi abbandonerete. Dapprima avrei voluto tacere: credetemi, non avreste mai conosciuto la mia vergogna, mai! Perché, perché mai siete venuto a trovarci? In questa campagna sperduta e dimenticata, io non vi avrei mai conosciuto, non avrei mai conosciuto l’amaro tormento. Avrei placato col tempo i turbamenti di un’anima inesperta, chissà, avrei trovato un compagno per il mio cuore, sarei divenuta una moglie fedele e una madre virtuosa... Un altro! No, a nessun altro al mondo avrei dato il mio cuore! È stato decretato nell’alto consiglio divino... è volontà del cielo: io son tua; tutta la mia vita è stata un pegno del fedele incontro con te. So che tu mi sei stato mandato da Dio, fino alla tomba tu sarai il mio angelo custode! Tu mi sei apparso nei sogni; prima ancora di vederti, tu mi eri caro; il tuo sguardo meraviglioso mi faceva languire; nell’anima mia risuonava la tua voce già da tempo... no, non è stato un sogno, questo! Appena tu sei entrato, ti riconobbi subito, rimasi come stupita, avvampai, e dissi nel mio pensiero: eccolo! Eccolo! Non è vero, forse? Io ti ascoltavo... non parlavi con me nel silenzio, quando io aiutavo un povero o alleviavo con una preghiera l’amarezza della mia anima turbata? E proprio in questo istante, cara visione, non sei tu apparso nella tenebra trasparente, non ti sei chinato al mio guanciale? Non mi hai tu mormorato parole di consolazione e d’amore, parole di speranza? Chi sei tu? Il mio angelo custode o un perfido tentatore? Dissipa i miei dubbi. Forse tutto questo è vano, è un inganno della mia anima inesperta! E il destino è del tutto diverso... Sia pure così! Ormai ti affido la mia sorte, piango davanti a te, imploro che tu mi protegga, t’imploro! Pensa; io sono qui sola, nessuno mi capisce, la mia mente si perde, io devo morire in silenzio! Ti aspetto, ti aspetto! Con un solo sguardo fa’ vivere la speranza del cuore, oppure distruggi questo sogno grave col tuo rimprovero, ahimè, giusto! Ho finito! Ho il terrore di rileggere. Muoio di vergogna e di paura. Ma il suo onore m’è di difesa, e coraggiosamente ad esso mi affido. Ah, la notte è finita, tutto si sveglia... il sole si leva. La zampogna del pastore... Tutto è pace. Solo io... io... "
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